Il dono del male

Teatro di Segesta

Testo e regia ADRIANA TOMAN

Con MARCO SILANI, ANTONIO CONTI, MARIANA LANCELLOTTI, UMBERTO SILANI

Costumi: ESSA KUYATEH

Scenografia: PINO PROCOPIO

Aiuto regia: BARBARA BRUNI, ANTONIO GIRALDI

Note

“Il Dono del Male” racconto di un falso storico, una fake del 1100.

Terza delle opere teatrali della “Trilogia Gioachimita” di Adriana Toman, edita da Rubettino, dedicata a Gioacchino da Fiore, “Il Dono del Male” è ispirato all’ incontro realmente avvenuto a Messina nel 1190, in cui Riccardo I d’Inghilterra detto Cuor di Leone e Filippo II di Francia hanno voluto conoscere l’abate per avere una profezia sulla crociata appena intrapresa. Adriana Toman, che cura anche la regia con il supporto di Barbara Bruni, ne offre una lettura che mostra come ci possa essere stato un falso storico nel resoconto tramandato dal biografo di Riccardo, Ruggero da Hoveden. Il documento redatto in latino, descrive che “L’abate Gioacchino è venuto ossequioso verso le maestà e che lo hanno ascoltato mentre lui le elogiava per il loro impegno in questa crociata, oltremodo necessaria e che Dio non solo darà loro la vittoria sopra i suoi nemici ma renderà celebre il loro nome sopra tutti i principi della terra per l’eternità”. Parole che, chiunque si sia approcciato con lo studio di questo personaggio, sa bene che l’abate florense non avrebbe mai pronunciato, considerata la sua assoluta e nota disapprovazione verso questo genere di imprese. Con questo testo la Toman descrive quindi lo scontro tra Riccardo d’Inghilterra e “l’abate calavrese di spirito profetico dotato” celebrato da Dante nel suo Paradiso.

Riccardo è capace di sedurre chiunque, uomini e donne, dotato di un carisma immenso che ne ha fatto un mito già in vita, creativo, cinico si trova davanti la solidità di un pensatore autonomo, fuori da ogni schema, che non riconosce alla Chiesa di allora l’autorevolezza per rappresentare il messaggio di Cristo in terra.

Sono due personalità forti, due uomini di cultura che si confrontano in modo spietato ognuno con una propria visione della vita, della storia.

Nel testo di Adriana Toman Gioacchino da Fiore viene fuori pensatore universale determinato contro le posizioni teologiche dominanti che sostengono la consumazione del tempo in attesa della fine. Una visione in cui non c’era spazio per l’azione dell’uomo. Andando coraggiosamente controcorrente Gioacchino libera gli uomini dal terrore della Storia, della fine del Tempo, dall’ansia apocalittica. Grazie alla sua robusta armatura teologica capovolge la concezione del tempo e ne offre una lettura politica asserendo finalmente l’importanza dell’azione umana, proiettando l’umanità verso una ispirata speranza operativa. Gioacchino così non solo condanna le crociate, ma sprezzante e senza mezzi termini descrive le reali motivazioni della guerra, biasima i due sovrani alleati, li inchioda ai loro limiti e li scoraggia dal portare la guerra in Terra Santa, anche se benedetta dal papa. Si evocano demoni, tentazioni carnali e l’anticristo, l’Apocalisse, la corruzione nella chiesa, il ruolo delle madri. Provocatorio e senza remore, Gioacchino rivela qual è il dono del male utilizzato dal male per condizionare la storia, anche attraverso le azioni dei regnanti stessi. Riccardo non accetta le valutazioni di Gioacchino e lo minaccia di morte. Lo spettro di una strumentale accusa di eresia e di una possibile morte sul rogo pervadono la scena.

Ma la vendetta che sceglie il sovrano inglese è più sottile: una volta che l’abate esce di scena, Riccardo manipola la realtà dei fatti disponendo che venga redatto un verbale dell’incontro conforme alle proprie esigenze: Una fake ante litteram che il diabolico monarca inglese disegnato dalla Toman, giustifica abilmente ne “ L’elogio della menzogna” in cui sostiene che “…rispetto alla verità, la menzogna è assai più utile alla vita”.

Il ruolo di Riccardo è affidato a Francesco Antonio Conti che disegna con estrema raffinatezza l’ambiguità del personaggio nel suo rapporto con Filippo II Augusto e con la sorella Giovanna d’Inghilterra; delinea un mito che domina la scena della storia; un eclettico manipolatore senza scrupoli.

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