Ecuba

di Euripide

Teatro di Segesta

Regia: Giuseppe Argirò

Con Francesca Benedetti

E con: 

Maria Cristina Fioretti, Elisabetta Arosio, Viola Graziosi, Maurizio Palladino, Graziano Piazza, Sergio Basile, Gianluigi Fogacci

Note:

Troia è caduta e in quel lembo di terra che separa il Chersoneso dalle macerie della città, le donne di Ilio attendono la sorte riservata ai vinti.
Nella terra di Tracia i Greci aspettano venti propizi alla navigazione, che potrà essere ripresa solo dopo il sacrificio di Polissena, superstite principessa troiana.
La vittima immolata dagli Achei costituirà l’ estremo onore riservato ad Achille e favorirà il viaggio di ritorno.
Ecuba, la regina di Troia, dovrà subire questa decisione, frutto dell’orrore del conflitto. La moglie di
Priamo dovrà assistere a quest’ennesimo scempio in terra di Tracia, dove il più giovane dei suoi figli, Polidoro, è stato ucciso dal re Polimestore, al quale il ragazzo era stato affidato con un’ingente quantità
d’oro nel tentativo di salvarlo.
Questi i presupposti dell’ azione drammatica che alimentano il dolore e i propositi di vendetta di Ecuba.
Protagonisti della tragedia sono i vinti: le donne troiane, testimoni di un eccidio etnico e culturale, simboleggiano la parte più vulnerabile della società, colpita senza pietà dalla guerra e da ogni forma di
conflitto. Troia, infatti, potrebbe essere oggi qualsiasi città del Medio Oriente, devastata dalle orde
barbariche del terrorismo islamico. L’analogia con la modernità è fin troppo evidente. La tragedia racconta da sempre l’olocausto dei popoli e l’insensatezza della violenza che diventa il principio disgregante dell’universo.
La protagonista di Euripide incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine:
Ecuba rappresenta il dolore assoluto, senza alcuna catarsi. In questo scenario bellico, lo spettro della guerra si svuota di ogni significato ideologico e declina la violenza in tutte le sue oscene varianti che si
propagano come una malattia senza cura, dai vincitori ai vinti; vittime e carnefici vengono cosi accomunati dalla sopraffazione. Ecuba , custode della memoria della stirpe troiana, annientata dai Greci, non lascerà scampo al traditore Polimestore, infliggendogli un castigo tremendo. Una madre senza patria e senza figli mette in scena un dolore trasfigurante, irripetibile a qualsiasi latitudine scenica, come ci ricorda Amleto citando la complessità dell’arte teatrale, a proposito dell’irrappresentabile dolore dell’eroina euripidea.
Protagonista di quest’impresa è Francesca Benedetti, un’attrice multiforme ed emotivamente intelligente nel cogliere le peripezie dell’animo umano.
Lo spettacolo ha un cast d’eccezione, con attori tra i più significativi della scena italiana.
Viola Graziosi incarna olissena, votata a un martirio consapevole ed eroico Graziano Piazza è
Taltibio, un messaggero dolente e composto, Ulisse, interpretato da Maurizio Pallladino, si fa
portatore dell’idea di una superiorità etnica, Agamennone, affidato a Sergio Basile, è un politico raffinato e destinato alla solitudine, Polimestore, uomo avido e senza scrupoli al limite del grottesco,
viene impersonato da Gian Luigi Fogacci, Maria Cristina Fioretti ed Elisabetta Arosio completano il
cast, raccontando con accenti lirici le donne troiane ,vittime di guerra.
In un momento di assenza di pace in cui i teatri di guerra sono molteplici, raccontare gli orrori della violenza è un dovere etico che valica l’aspetto estetico e ritrova le sue ragioni più profonde nel dibattito democratico, che solo il linguaggio scenico sa rendere evidente, nella sua necessità. La drammaturgia di Euripide raffigura l’ineluttabilità della storia umana e l’indifferenza degli dei, spettatori attoniti e crudeli di fronte allo stupefacente spettacolo del mondo