Alcesti

Di Euripide
Prima Nazionale

Teatro di Segesta

Nuova traduzione originale di Giovanni Greco

Progettazione scenografica Danilo Capezzani

Suoni Luca Gaudenzi

Assistente alla regia Gabriele Claretti

Collaborazione alla drammaturgia Annick Edmin

Grafiche Francesco Morgante

Con: Michele Demaria, Gabriele Benedetti, Flaminia Cuzzoli, Diego Giangrasso, Iacopo Nestori, Ludovica Apollonj Ghetti, Lorenzo Guerrieri, Adriano Exacoustos, Sara Panci, Marco Masiello, Luca Buongiorno.

Produzione Progetto Goldstein e Tradizione Teatro

Con il patrocinio dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio D'amico

Spettacolo vincitore Skene Lab di Tradizione Teatro

Note:

La tragedia Alcesti ha tutti i caratteri della fiaba, fuori dal tempo e dallo spazio, purtroppo in realtà non del tutto a lieto fine, come invece molto spesso è solita essere ritenuta per via dell’ambiguo finale scritto da Euripide. Infatti, come potrebbe accadere in una fiaba, in un giorno inaspettato, alla reggia del re Admeto arriva la Morte a reclamare la vita del re, il quale ottiene da Essa di continuare a vivere a patto che qualcuno accetti di morire al posto suo: solo la moglie Alcesti, troppo innamorata, si sacrifica, e muore salvando il marito.
In realtà è proprio da questo fiabesco punto di avvio che scaturisce tutta la modernità di questa storia. È la storia della condanna dell’uomo Admeto e dell’ineluttabilità di un destino, conseguente alle proprie azioni. Quello stesso giorno l’eroe Eracle, che passa da quella casa, si offre, per farsi perdonare dal re Admeto, di riportargli a casa la moglie Alcesti, dal regno dei morti. 
È mai possibile una resurrezione? Davvero Euripide più di duemila anni fa ha voluto far credere al pubblico del Teatro di Dioniso di Atene che Alcesti può tornare in vita? Eracle è goffo: umano e mortale più che mai; può davvero scendere nel mondo dei morti? Alcesti è a mio avviso la tragedia della dannazione dei mortali: che è -sì- di chi se ne va, ma è “forse anche questa vaneggiante amara oscurità che scende su chi resta.”