A picciridda stidda

Calatafimi Segesta, Circiara

regia di Francesco Randazzo

con Sebastiana Eriu

Note:

L'occasione del mio incontro con lei, è stato propiziato, dalla proposta di Giusi Cataldo, ideatrice eorganizzatrice della “Notte di zucchero”, a Palermo, un grande evento per le festività dei defunti,che ha coinvolto molti artisti e moltissimo pubblico, per una grande festa che recupera e ravviva letradizioni siciliane, in contrapposizione alla festa di importazione americana di Halloween. Unasezione era dedicata al teatro e Giusi mi ha chiesto se volevo partecipare scrivendo un testo. Così,ho iniziato a pensare ai Cappuccini, al culto dei morti, a tutto quello che prima ho qui raccontato. Di Rosalia, sapevo, l'avevo vista in foto e in un bel documentario del National Geographic. Quando poi si è realizzata la coincidenza che l'attrice disponibile per un mio testo era Sebastiana Eriu, brava attrice palermitana, minuta, piccolina come una siciliana antica, la decisione di scrivere un testo ispirato alla mummia picciridda, è quasi venuta da sé. La morte di una creatura bambina, colpisce e turba, più che quella di un adulto, ovviamente. Ma la morte di Rosalia è ancora più straziante, perché è l'unica mummia di tutta la cripta dei Cappuccini di Palermo e, credo, del mondo, che non ha l'aspetto, né l'inevitabile avvizzimento della morte. In mezzo a cadaveri disseccati, bocche spalancate o serrate di denti digrignanti, mani scheletriche,
volti eternamente fissati in espressioni terrificanti, lei sembra una bimba che si sia perduta in mezzo all'orrore e alla desolazione della morte, e per fuggire alla troppa paura, all'eccesso della scarnificazione intorno a lei, si sia addormentata, nell'attesa che qualcuno venga a riprenderla.
Il processo chimico di mummificazione del geniale tassidermista, rimasto misterioso, per tantissimo tempo, l'ha resa visivamente sospesa tra la realtà della vita e quella della morte. È per me inevitabile pensare ai genitori, allo strazio per la morte della loro bambina e l'altrettanto straziante fissità del suo corpicino, intatto, roseo, innocentemente assopito e per sempre visibile, un conforto certo, ma sicuramente, nello scorrere del tempo e della vita, un rinnovare per sempre il dolore, sempre presente nella grazia del loro poterla rivedere sempre per come era, e sempre soffrire della sua morte, senza la possibilità che ad ognuno è dato, di piangere ed elaborare il lutto dei propri cari, grazie anche alla loro fisica assenza, che ce li allontana crudelmente è vero, ma ci da anche modo di custodirli nel cuore, leniti tra le nuvole dei ricordi. Rosalia invece no, da quasi cento anni, è là, come la bella addormentata. I suoi genitori non ci sono più, lei è ancora là. Questo, a pensarci bene, fa scorrere un brivido di compassione, oltre che per la morte, per l'ostensione dell'innocenza di quel tenerissimo cadaverino. Voglio dire che la grazia della perfetta conservazione, in assenza della vita, del tempo, degli affetti, mi suscita una tristezza, come se le si aggravi l'anima e la imprigioni. Ho rivisto me, bambino, di fronte alla morte e immaginato lei là, bloccata, circondata da tutti gli altri morti. Io ero vivo e potei fuggire, lei no. Da questo misterioso incontro, tra ricordi e paure riesumate, ho cominciato a vederla, sentirla parlare, cantare, scriverla. Naturalmente questa è la Rosalia che vedo io, le sensazioni che mi suscita, la commozione e lo sgomento che si trasfigurano in qualcos'altro, in qualcun altro, che è ispirato da lei, ma non è più soltanto lei. Diviene in me e nel mio testo, simbolo poetico e drammatico, metafora della sofferenza e dell'innocenza. Tutto è frutto d'immaginazione, la mia, che va creando un'altra storia, un'altra Rosalia. Anima bambina che racchiude tutte le creature che soffrono e muoiono troppo presto. Nella finzione poetica questo è possibile, sublimare, immaginare, rendere verosimile l'impossibile, attraverso piccole bugie della fantasia, fabbricare castelli d'invenzione, abitati dalle emozioni, dei personaggi e nostri. Avrei potuto cambiare il nome alla bambina, ma Rosalia è nome talmente simbolico ed emblematico, non solo per Palermo, ma per tutta la Sicilia, è un nome talmente bello, e lieve, profumato di purezza, che ho voluto mantenerlo. Nessun altro nome, né cognome, nient'altro che una bambina, che ho immaginato, a causa di troppo amore, che ha sfidato le leggi del tempo, imprigionata tra i due mondi, metafora delle nostre innocenze infantili, imprigionate nel tempo che le ha sbiadite o cancellate, e che infine torneranno, per volare in alto, chissà dove, chissà quando.
La piccola che riposa nella vera cripta, dorme serenamente il sonno della morte, la sua anima è libera, in pace.

Schermata 2019-07-30 alle 09.56.30