LE CONVERSAZIONI ALLA COLLINA DEL TEMPIO

L’istituzione del Parco Archelogico di Segesta e il raggiungimento della sua piena autonomia gestionale, pongono una sfida culturale di primo rilievo nella storia della gestione dei Beni Culturali in Sicilia. Il raggiungimento di questi obiettivi, infatti, ci mette nelle condizioni di affrontare una nuova sfida, rendere l’archeologia in Sicilia un bene per il territorio della stessa Sicilia, per il territorio nazionale e per tessere una rete di relazioni culturali di respiro internazionale.

Facendo seguito a tali consapevolezze, all’ interno del Festival “ Dionisiache, Calatafimi Segesta Festival 2019” , si è pensato ad uno snodarsi di conversazioni culturali polisemiche: per i differenti profili degli ospiti; per le diverse riflessioni che affronteremo; per generare la possibilità di raggiungere differenti varietà di fruitori; per dare corpo all’idea che la riflessione culturale possa trovare ogni sentiero possibile che la conduca sempre più nei pressi del il pensiero.

Nel loro realizzarsi “Le conversazioni alla Collina del Tempio” rappresentano “una rassegna nella rassegna”.

La tessitura delle Conversazioni si è resa quasi un gesto spontaneo, una prosecuzione dell’attività seminariale che ha arricchito l’attività invernale e primaverile 2019 al Parco, con riflessioni di vario tipo e genere, rivolte, per lo più, agli studenti delle scuole insistenti nel territorio di Calatafimi Segesta e Comuni limitrofi.

Alla Collina, in questa estate Segestana trascorreremo insieme momenti di ragionamento che, in consonanza con il ritmo dell’intrattenimento culturale, abbiamo cercato di rendere lievi. Si susseguiranno nomi di alto rilievo, tengo a citarli uno per uno: Massimo Cultraro, Marco Masseti, Pietro Grasso, Francesco La Licata, Alberto Stabile, Jana Cardinale, Sergio Bonanzinga, Francesca Chimento, Michele Piccione, Barbara Crescimanno, Giovanni Mannino e Antonino Filippi.

Avremo modo di spaziare: dalla figura dell’archeologo che nel tempo ha assunto i tratti dell’eroe che salva la bellezza, alla zoologia nella Sicilia arabo normanna; quindi affronteremo un tema quanto mai complesso e delicato legato ad una storia dolorosa, che ancora ci addolora, il tempo delle stragi in Sicilia; poi la nostra riflessione si intratterrà su temi di politiche internazioni e andremo ad approfondire la storia dei conflitti in medio oriente e accresceremo la conoscenza sulle vicende di milioni di persone in fuga, un’umanità verso cui siamo partecipi; verrà poi il momento della fiaba e per esplorare il tema ci inoltreremo in una fiaba di magia diffusa in tutta l’area europea; infine, quasi a voler scoprire la radice più profonda della nostra identità, ci avventureremo alla scoperta dell’arte rupestre della Sicilia preistorica.

Vi aspettiamo per condividere pensieri e conoscenze, per godere insieme della veduta del Tempio e dell’aria ben ossigenata che si respira al Parco Archeologico di Segesta.

Rossella Giglio

ARCHEOLOGIA DELL’IMMAGINARIO

Collina del Tempio

Da Schliemann ad Indiana Jones

Conversazione con MASSIMO CULTRARO

Introduce Rossella Giglio

NOTE:

L’archeologia, ancor prima che si costituisse come disciplina scientifica alla fine dell’Ottocento, ha sempre suscitato interesse e curiosità tra il vasto pubblico. Gli ingredienti di questo successo, tra mistero e tentativi di interpretazione di un lontano passato, hanno in molti casi alimentato tra gli studiosi un forte coinvolgimento empatico ai limiti dell’immaginario. Vengono raccontate le vicende di importanti personaggi che hanno segnato e condizionato la storia della ricerca, come il noto scopritore di Troia, Heinrich Schliemann che seppe muoversi con abilità tra gli attacchi lanciati dal mondo accademico e la volontà di autorappresentarsi come l’inventore di una nuova scienza. Sono passati in rassegna anche altri personaggi meno noti al pubblico come l’archeologo britannico Leonard Woolley che nel 1910 scopre la città di Karkemish, sulle rive dell’Eufrate, sostenendo di aver avuto in sogno le indicazioni della localizzazione. Ma anche il contributo di alcune donne pioniere dell’archeologia sul campo, come l’americana Harriet Boyd che, sfidando agli inizi del ‘900 il mondo maschile degli studiosi di antichità, si avventura tra i monti dell’isola di Creta alla scoperta della civiltà minoica. Sogno, mistero, ma anche spregiudicata fantasia hanno segnato gli esordi dello studio del mondo antico attraverso i reperti della cultura materiale, finendo per alimentare e suscitare nuove e stimolanti passioni che fanno dell’archeologia una delle discipline più amate.

Biografia

Massimo Cultraro è primo ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Catania e professore di Preistoria e Protostoria all’Università degli Studi di Palermo. Borsista CNR-NATO e Visiting Professor presso la BrownUniversity, Providence (USA), è specializzato in preistoria egea e del Mediterraneo centrale. Nel 2006-2010 è stato direttore scientifico del progetto internazionale CNR-Ministero degli Esteri per la restituzione virtuale del Museo di Baghdad. Conduce attività di scavo e ricerca archeologica in ambito euro-asiatico (Georgia, Grecia) e si occupa di strategie di comunicazione e tutela del Patrimonio Culturale in aree di guerra.

ZOOLOGIA DELLA SICILIA ARABA E NORMANNA

Collina del Tempio

Conversazione con MARCO MASETTI

Introduce Rossella Giglio

Note:

Le immagini musive e dipinte di animali da serraglio o oggetto di caccia, che ancora decorano quel che resta dei palazzi arabo-normanni di Sicilia, ci parlano di un mondo a noi ormai lontano che, se per certi versi conserva ancora dei caratteri fiabeschi, si rivela già ispirato da un desiderio di conoscenza che potrebbe essere definito quasi scientifico. Il confronto fra varie categorie di fonti, che comprendono quella naturalistica, l’osteologica, l’iconografica e la letteraria, consente a Marco Masseti di intraprendere un viaggio affascinante fra la biologia, la letteratura e l’arte della Sicilia medievale. Questo allo scopo di fare un poco più di luce sul travisamento dei dati e l’inquinamento dei contesti archeologici che ci restano a testimonianza delle trascorse ricchezze faunistiche ed ambientali dell’isola nel corso di un periodo storico di particolare pregnanza culturale: i quasi quattrocento anni che hanno visto avvicendarsi in Sicilia il dominio arabo e poi quello normanno. L’autore si spinge così ad indagare sulle forme faunistiche scomparse in epoca storica e su quelle invece introdotte per ragioni venatorie, alimentari o più semplicemente per il desiderio della loro ostensione. È anche l’occasione per rivisitare le vestigia delle varie realizzazioni architettoniche ed urbanistiche connesse con la coeva gestione ambientale; come il grande parco da caccia – al Manânî - che si estendeva alle spalle di Palermo e che fu ammirato e decantato da numerosi viaggiatori ed eruditi dell’epoca. E delle fantastiche fiere che vi erano contenute. Oppure il viridariumgenoard, lo spazio riservato e murato di cui la corte normanna disponeva per l’allevamento di rarità biologiche esotiche, fra cui felidi micidiali e variopinti pappagalli orientali. Il tutto inserito nel tentativo di una ricostruzione ambientale specificamente basata su un approccio di ricerca multi-disciplinare. Marco Masseti invita a riflettere sul riequilibrio faunistico che è stato condotto nella Sicilia di età medievale, come anche su altre regioni del Mediterraneo continentale ed insulare durante il periodo di influenza araba ed in quelli immediatamente seguenti. Con conseguenze che hanno avuto un riverbero significativo anche sul coevo mondo culturale normanno di Gran Bretagna e, molto dopo, forse sull’origine della storia universale della protezione della natura.

Biografia

Marco Masseti del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, è anche membro del consiglio scientifico del Muséum National d'Histoire Naturelle di Parigi, membro dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) DeerSpecialist Group (Gland, Svizzera), oltre che fellowdella Linnean Society di Londra. Ha al suo attivo oltre 200 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali ed alcuni libri.

STORIE DI SANGUE, AMICI E FANTASMI

Collina del Tempio

RICORDI DI MAFIA

Con PIETRO GRASSO

Introduce Rossella Giglio

Una lettera a Giovanni Falcone e una a Paolo Borsellino aprono e chiudono questo incontro. L’album di una vita passata a lottare contro la mafia accanto ad amici carissimi, che sono anche simboli di impegno civile, e a contatto con boss sanguinari, che possono diventare preziosi collaboratori per la ricerca della verità. Più di venticinque anni dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, Pietro Grasso – allora magistrato in prima linea nella lotta alla mafia – torna a percorrere insieme a Francesco La Licata le strade di Palermo, l’aula del Maxiprocesso, le campagne rifugio dei latitanti e le tante, troppe scene del crimine in cui ha dovuto scorgere il cadavere di uomini dello Stato trucidati dalla mafia, di amici portati via troppo presto.

Biografia Grasso:

Pietro Grasso è entrato in magistratura nel 1969. È stato giudice a latere nel primo Maxiprocesso a Cosa nostra e procuratore capo a Palermo. Dall’ottobre 2005

al gennaio 2013 è stato procuratore nazionale antimafia. Nella XVII Legislatura è stato presidente del Senato. Oggi è Senatore della Repubblica.

Biografia di La Licata:

Francesco La Licata, giornalista e scrittore anche per cinema e televisione, ha cominciato nel 1970 lavorando in cronaca per ‟L’Ora di Palermo” e poi occupandosi delle più importanti vicende siciliane. All’inizio degli anni ottanta è chiamato al “Giornale di Sicilia". Dal 1989 è alla “Stampa”

MEDIO ORIENTE IN FIAMME: DALLO YEMEN AL GOLFO PERSICO, DALLA LIBIA ALL’IRAN, 12 MILIONI DI PERSONE IN FUGA DAI CONFLITTI

Collina del Tempio

Conversazione con ALBERTO STABILE, corrispondente di La Repubblica

Dialoga con la giornalista JANA CARDINALE

Introduce ROSSELLA GIGLIO

OSSO CHE CANTA IN SICILIA

Collina del Tempio

Una fiaba tra oralità e scrittura

Conferenza Spettacolo di SERGIO BONANZINGA, Università degli Studi di Palermo

Con la partecipazione di

FRANCESCA CHIMENTO, MICHELE PICCIONE e BARBARA CRESCIMANNO

Note:

Con il titolo convezionale
L’osso che canta si usa indicare una fiaba di magia diffusa in tutta l’area europea. Nelle Isole Britanniche la medesima narrazione è diffusa anche sotto forma di ballata.
L’intreccio si può così sintetizzare:

1) un giovane (o una giovane) uccide il fratello (o sorella) e lo seppellisce (o getta il cadavere in uno specchio d’acqua);

2) dalle ossa dell’ucciso, o da una pianta cresciuta sul luogo della sepoltura (o dell’annegamento), un passante (pastore, menestrello, giullare, mendicante, contadino) ricava uno strumento musicale (flauto o piffero, zampogna o cornamusa, arpa, violino) oppure una sua parte (a esempio il bocchino di un corno secondo la variante presente nella celebre raccolta dei fratelli Grimm);

3) nello strumento s’incarna l’anima del defunto che attraverso il suono - canto accusa il responsabile dell’omicidio. Anche in Sicilia la fiaba è presente, e in tutte le varianti attestate nella letteratura demologica sono incluse delle parti cantate, anche se la melodia utilizzata nel canto viene rilevata all’inizio del Novecento esclusivamente dal musicista - etnografo Alberto Favara.
Nel corso della conferenza - spettacolo verranno letti e drammatizzati i testi del cuntu attestati nella
letteratura folklorica ed etnomusicologica (Gonzembach, Pitrè, Grisanti e Favara) e mostrati i filmati
di alcuni fra più significativi esempi rilevati nella tradizione orale contemporanea.

Giovanni Mannino

L’ARTE RUPESTRE PREISTORICA IN SICILIA

a cura di Antonino Filippi.

Edizioni di storia e studi sociali – Ragusa (2017).

Introduce Rossella Giglio

Note:

L’arte rupestre preistorica è un linguaggio senza tempo fatto di immagini e segni, talvolta incisi altre volte dipinti sulla roccia, che ritroviamo in ogni parte del mondo. L’uomo preistorico, sin dal lontano Paleolitico Superiore, realizzò in Sicilia sulle pareti delle grotte alcuni capolavori d’arte, come la celebre scena nella Grotta dell’Addaura, presso Palermo, dove uomini e donne sono intenti a compiere un acrobatico rituale, del quale forse mai comprenderemo la reale essenza; o le figure di animali nella Grotta del Genovese dell’isola di Levanzo, che costituiscono una sorta di enciclopedia illustrata della fauna siciliana sul finire del Pleistocene. Più enigmatici sono invece i segni dipinti sulle pareti della Grotta dei Cavalli, presso San Vito lo Capo, quasi un preludio dell’arte astratta dei nostri tempi, o le migliaia di incisioni lineari presenti in decine di grotte e anfratti, per le quali l’estrema essenzialità del segno scolpito nella roccia nasconde ancora gelosamente il messaggio in esse contenuto.

Sarà proprio dalla scoperta nel 1960, per la prima volta in Italia, di alcuni segni incisi nel corso della preistoria, in una grotta non lontana da Palermo, che ha avrà inizio la lunga avventura scientifica di Giovanni Mannino, già pioniere della speleologia siciliana. L’Autore, attraverso le pagine di questo libro, curato da Antonino Filippi, ci racconta così oltre mezzo secolo di studi, non limitandosi però alla sola descrizione dei dati, ma esplorando anche il lato umano della ricerca, i fatti, le circostanze e i protagonisti di ogni scoperta, attraverso un racconto che travalica il mero dato scientifico, divenendo la narrazione di una storia, ancora poco conosciuta, che ha come protagonista la Sicilia e la sua millenaria cultura.

Giovanni Mannino è uno dei maggiori studiosi di arte preistorica in Italia, avendo scoperto e studiato oltre cinquanta siti contenenti arte rupestre. Nel corso della sua lunga carriera, presso la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia occidentale, ha condotto scavi in importanti siti archeologici quali, la Grotta dell’Uzzo, la Grotta d’Oriente di Favignana e il Villaggio dei Faraglioni di Ustica. Ha pubblicato circa un centinaio di articoli su riviste scientifiche e diversi libri sulla preistoria e la speleologia in Sicilia.

Antonino Filippi è laureato in Archeologia presso l’Università di Palermo e da circa un trentennio conduce studi sulla preistoria e la topografia antica della Sicilia, collaborando con le istituzioni locali. Nel campo del volontariato si è occupato di riscoperta e valorizzazione del patrimonio culturale ed è oggi membro del consiglio nazionale dei Gruppi Archeologici d’Italia. Recentemente sta conducendo uno studio sistematico dei siti con arte preistorica della Sicilia.

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