Comunicato stampa del 30.08.2019

DIONISIACHE 2019
VENERDÌ 30 GIANCARLO GIANNINI CON LE PAROLE NOTE
 

Nella settimana di chiusura del cartellone principale del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo, arriva nel teatro del parco archeologico di Segesta, venerdì 30 agosto, alle 19,45, Giancarlo Giannini con “Le parole note”, un omaggio a Shakespeare, con il Marco Zurzolo Quartet. Il recital di Giancarlo Giannini è un singolare incontro di letteratura e musica: l’attore particolarmente esperto nell’analisi della parola recita una serie di brani e poesie al grande pubblico da Pablo Neruda, Garcia Lorca, Marquez, ai più classici come Shakespeare, Angiolieri, Salinas. Vari autori con un unico tema: l’amore, la donna, la passione e la vita. Giancarlo Giannini sarà accompagnato da una serie di brani inediti del sassofonista partenopeo Marco Zurzolo, suonati dal suo quartetto. Giancarlo Giannini con la sua recitazione, la sua voce calda e penetrante, condurrà gli spettatori in “atmosfere” mistiche, malinconiche, amorose, ed ironiche in un viaggio dal ‘200 fino ad arrivare ai giorni nostri. Grandi emozioni, varie atmosfere in un unico spettacolo.

VENERDÌ 30 ORE 22 SULLA COLLINA DEL TEMPIO
PLAY WIND IN CONCERTO
Ultimo appuntamento musicale, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, venerdì 30, alle 22, sulla collina del tempio, con “Play Wind”. Il trio di virtuosi strumenti a fiato viene sostenuto da un’incisiva sezione ritmica, articolando momenti di improvvisazione. Lo stile compositivo di Vincenzo Gervasi, nell’ambito del progetto Play Wind, nasce da una ricerca incentrata sulle possibilità espressive degli aerofoni (windinstruments) combinando elementi tipici del jazz con le varie forme musicali di derivazione afro-americana. Le partiture sono ricche di richiami al bebop e caratterizzate da strutture ritmiche incisive e peculiari dello swing. Da un labile confine tra musica scritta ed improvvisazione si sviluppa una solida trama espositiva. Vincenzo Gervasi (sax alto), Roberto Gervasi (fisarmonica), Davide Inguaggiato (contrabbasso), Gabriele Lomonte (chitarra), Davide Severino (tromba), Gehanghir Baghchighi (sax baritono).
SABATO 31 ALLE 19,45
IL CANTO DELLE SIRENE CON PIPPO PATTAVINA
Sempre nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo, in programma sabato 31 agosto, alle 19.45, nel teatro del parco archeologico di Segesta, “Il canto delle sirene”, adattamento teatrale e regia di Ezio Donato, con Pippo Pattavina, Debora Bernardi ed Ezio Donato, musiche di Matteo Musumeci eseguite dal vivo alla fisarmonica da Gianni Amore. Il testo è costituito da un trittico, composto dai libri X e XII dell’Odissea di Omero a cui fanno seguito L’ultimo viaggio di Giovanni Pascoli e La Sirena di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: due capolavori della letteratura del Novecento che ruotano intorno ai mitici lidi della Sicilia e alla metafora dell’incanto e dell’inganno delle sirene. Nella riduzione in forma scenica del racconto postumo “La Sirena”, più noto con il titolo “Lighea”, che fu scelto dalla vedova di Tomasi di Lampedusa, la narrazione fiabesca, sospesa tra realismo e dimensione fantastica, ruota intorno ad un anziano professore di greco che rivela ad un giovane amico il segreto di un magico amore, vissuto nell’estate in cui, ventisettenne, si era ritrovato in una località marina siciliana, diviso tra l’attrazione del mare e lo studio del greco per il concorso a cattedra. In questo frangente sarebbe esplosa in lui la passione ricambiata per una bellissima sirena, Lighea, il cui richiamo ha continuato a cadenzare i ritmi della sua vita. Nel poema “L’ultimo viaggio”, tratto dai Poemi Conviviali di Giovanni Pascoli, un Ulisse già vecchio racconta le sue peripezie attorno a una fantastica Trinacria, luogo di straordinari incontri, nella dimora di Eolo, fra Scilla e Cariddi, con la dea Calypso. Il mitico eroe di Omero e la sua Sicilia diventano, nell’immaginario letterario di narratori e poeti, dall’antichità fino a Dante e poi Pascoli, Saba e i contemporanei, la rappresentazione del conflitto eterno fra il desiderio alimentato dalla curiosità e le frustrazioni che i limiti dell’agire umano, avvertiti come insormontabili, impongono. Il canto delle Sirene diventa l’occasione per parlare della Sicilia e del suo rapporto con le altre culture antiche e contemporanee, ma anche del rapporto Nord-Sud. Le Sirene, presenti in tutti i mari del mondo, sembra che in Sicilia trovino sempre un fertile terreno di seduzione degli uomini.
DOMENICA 1 SETTEMBRE ALLE 19,45
“PROMETEO. IL MITO DEL FUOCO”
“Prometeo. Il mito del fuoco” è lo spettacolo che andrà in scena domenica 1 settembre, alle 19.45, nel teatro del parco archeologico di Segesta, e che chiude il cartellone principale del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo. Uno spettacolo di musica, teatro, danza e fuoco liberamente ispirato al Prometeo di Eschilo, Gide e Goethe.
Prometeo, donatore del fuoco e quindi della saggezza e della disponibilità, diventa, per conseguenza, il promotore dello sviluppo umano, dall’animalità all’umanità, ma anche del Progresso (cieco e senza sguardo come lo stesso Dio). E l’uomo? Il tema si snoderà attraverso lo sviluppo della possibilità dell’uomo di capire la sua essenza e del suo privilegio di percepirsi al centro di un mondo grandioso e perfetto, asservito al suo bisogno e necessità. L’uomo risponde, questo è il tema centrale della performance. La performance si avvarrà: di un ensemble, un’’orchestra di musica barocca che dal vivo richiamerà alcuni compositori le cui opere fanno riferimento al mito greco. Con lo spettacolo del fuoco si inserisce l’elemento naturale e fondamentale per lo svolgersi del dramma mitologico. La regia, coreografia ed adattamento testi Landi Sacco, consulente musicale e direttore Roberta Faja, Cordes Et Vent Ensemble. Spettacolo del fuoco, maschere ed attrezzi scenici Valerio Genovese e Sabrina Firmaturi, scenografie e body painting Fiorella Bonanno. Interpreti Lucia Alfieri, Valerio Genovese, Clara De Rose, Landi Sacco, Giulia Mancino, Eleonora Amato. Ensemble Barocco “Cordes et vent ensamble”: violini Salvatori Guiscardo, Annalisa Scalia, Rosa Alongi, Martina De Sensi, Roberta Miano, Karla Bocaz, violoncello Giorgio Garofalo, contrabbasso Michele Li Puma, tromba Silvio Natoli, clavicembalo: Licia Tani, percussione Gaspare Renna, controtenore Giuseppe Montagno. I solisti del conservatorio “A. Toscanini” di Ribera con Filippo Adami (tenore) Valentina Capraro (soprano).

Comunicato stampa del 28.08.2019

VENERDÌ 30 ALLE 19,45 GIANCARLO GIANNINI CON LE PAROLE NOTE
Nella settimana di chiusura del cartellone principale del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo, arriva nel teatro del parco archeologico di Segesta, venerdì 30 agosto, alle 19,45, Giancarlo Giannini con “Le parole note”, un omaggio a Shakespeare, con il Marco Zurzolo Quartet. Il recital di Giancarlo Giannini è un singolare incontro di letteratura e musica: l’attore particolarmente esperto nell’analisi della parola recita una serie di brani e poesie al grande pubblico da Pablo Neruda, Garcia Lorca, Marquez, ai più classici come Shakespeare, Angiolieri, Salinas. Vari autori con un unico tema: l’amore, la donna, la passione e la vita. Giancarlo Giannini sarà accompagnato da una serie di brani inediti del sassofonista partenopeo Marco Zurzolo, suonati dal suo quartetto. Giancarlo Giannini con la sua recitazione, la sua voce calda e penetrante, condurrà gli spettatori in “atmosfere” mistiche, malinconiche, amorose, ed ironiche in un viaggio dal ‘200 fino ad arrivare ai giorni nostri. Grandi emozioni, varie atmosfere in un unico spettacolo.
VENERDÌ 30 ORE 22 SULLA COLLINA DEL TEMPIO PLAY WIND IN CONCERTO
Ultimo appuntamento musicale, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, venerdì 30, alle 22, sulla collina del tempio, con “Play Wind”. Il trio di virtuosi strumenti a fiato viene sostenuto da un’incisiva sezione ritmica, articolando momenti di improvvisazione. Lo stile compositivo di Vincenzo Gervasi, nell’ambito del progetto Play Wind, nasce da una ricerca incentrata sulle possibilità espressive degli aerofoni (windinstruments) combinando elementi tipici del jazz con le varie forme musicali di derivazione afro-americana. Le partiture sono ricche di richiami al bebop e caratterizzate da strutture ritmiche incisive e peculiari dello swing. Da un labile confine tra musica scritta ed improvvisazione si sviluppa una solida trama espositiva. Vincenzo Gervasi (sax alto), Roberto Gervasi (fisarmonica), Davide Inguaggiato (contrabbasso), Gabriele Lomonte (chitarra), Davide Severino (tromba), Gehanghir Baghchighi (sax baritono).
SABATO 31 ALLE 19,45 IL CANTO DELLE SIRENE CON PIPPO PATTAVINA
Sempre nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo, in programma sabato 31 agosto, alle 19.45, nel teatro del parco archeologico di Segesta, “Il canto delle sirene”, adattamento teatrale e regia di Ezio Donato, con Pippo Pattavina, Debora Bernardi ed Ezio Donato, musiche di Matteo Musumeci eseguite dal vivo alla fisarmonica da Gianni Amore. Il testo è costituito da un trittico, composto dai libri X e XII dell’Odissea di Omero a cui fanno seguito L’ultimo viaggio di Giovanni Pascoli e La Sirena di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: due capolavori della letteratura del Novecento che ruotano intorno ai mitici lidi della Sicilia e alla metafora dell’incanto e dell’inganno delle sirene. Nella riduzione in forma scenica del racconto postumo “La Sirena”, più noto con il titolo “Lighea”, che fu scelto dalla vedova di Tomasi di Lampedusa, la narrazione fiabesca, sospesa tra realismo e dimensione fantastica, ruota intorno ad un anziano professore di greco che rivela ad un giovane amico il segreto di un magico amore, vissuto nell’estate in cui, ventisettenne, si era ritrovato in una località marina siciliana, diviso tra l’attrazione del mare e lo studio del greco per il concorso a cattedra. In questo frangente sarebbe esplosa in lui la passione ricambiata per una bellissima sirena, Lighea, il cui richiamo ha continuato a cadenzare i ritmi della sua vita. Nel poema “L’ultimo viaggio”, tratto dai Poemi Conviviali di Giovanni Pascoli, un Ulisse già vecchio racconta le sue peripezie attorno a una fantastica Trinacria, luogo di straordinari incontri, nella dimora di Eolo, fra Scilla e Cariddi, con la dea Calypso. Il mitico eroe di Omero e la sua Sicilia diventano, nell’immaginario letterario di narratori e poeti, dall’antichità fino a Dante e poi Pascoli, Saba e i contemporanei, la rappresentazione del conflitto eterno fra il desiderio alimentato dalla curiosità e le frustrazioni che i limiti dell’agire umano, avvertiti come insormontabili, impongono. Il canto delle Sirene diventa l’occasione per parlare della Sicilia e del suo rapporto con le altre culture antiche e contemporanee, ma anche del rapporto Nord-Sud. Le Sirene, presenti in tutti i mari del mondo, sembra che in Sicilia trovino sempre un fertile terreno di seduzione degli uomini.
DOMENICA 1 SETTEMBRE ALLE 19,45 “PROMETEO. IL MITO DEL FUOCO”
“Prometeo. Il mito del fuoco” è lo spettacolo che andrà in scena domenica 1 settembre, alle 19.45, nel teatro del parco archeologico di Segesta, e che chiude il cartellone principale del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo. Uno spettacolo di musica, teatro, danza e fuoco liberamente ispirato al Prometeo di Eschilo, Gide e Goethe.
Prometeo, donatore del fuoco e quindi della saggezza e della disponibilità, diventa, per conseguenza, il promotore dello sviluppo umano, dall’animalità all’umanità, ma anche del Progresso (cieco e senza sguardo come lo stesso Dio). E l’uomo? Il tema si snoderà attraverso lo sviluppo della possibilità dell’uomo di capire la sua essenza e del suo privilegio di percepirsi al centro di un mondo grandioso e perfetto, asservito al suo bisogno e necessità. L’uomo risponde, questo è il tema centrale della performance. La performance si avvarrà: di un ensemble, un’’orchestra di musica barocca che dal vivo richiamerà alcuni compositori le cui opere fanno riferimento al mito greco. Con lo spettacolo del fuoco si inserisce l’elemento naturale e fondamentale per lo svolgersi del dramma mitologico. La regia, coreografia ed adattamento testi Landi Sacco, consulente musicale e direttore Roberta Faja, Cordes Et Vent Ensemble. Spettacolo del fuoco, maschere ed attrezzi scenici Valerio Genovese e Sabrina Firmaturi, scenografie e body painting Fiorella Bonanno. Interpreti Lucia Alfieri, Valerio Genovese, Clara De Rose, Landi Sacco, Giulia Mancino, Eleonora Amato. Ensemble Barocco “Cordes et vent ensamble”: violini Salvatori Guiscardo, Annalisa Scalia, Rosa Alongi, Martina De Sensi, Roberta Miano, Karla Bocaz, violoncello Giorgio Garofalo, contrabbasso Michele Li Puma, tromba Silvio Natoli, clavicembalo: Licia Tani, percussione Gaspare Renna, controtenore Giuseppe Montagno. I solisti del conservatorio “A. Toscanini” di Ribera con Filippo Adami (tenore) Valentina Capraro (soprano).

Comunicato stampa del 24.08.2019

DIONISIACHE 2019: LUNEDÌ 26 ALCESTI DI EURIPIDE E MARTEDÌ 27 RE PIPINO IL BREVE
MERCOLEDÌ 28 E GIOVEDÌ 29 “GLI UCCELLI. NUBICUCÙLIA, LA CITTA’ IMPOSSIBILE”
CONVERSAZIONI D’AUTORE: MERCOLEDI’ 28 INCONTRO SU “L’ARTE RUPESTRE PRESISTORICA IN SICILIA”
Prima nazionale per Alcesti di Euripide lunedì 26 agosto, alle 19,45, nel teatro del parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo. Nuova traduzione originale di Giovanni Greco, regia e adattamento di Danilo Capezzani.
La tragedia Alcesti ha tutti i caratteri della fiaba, fuori dal tempo e dallo spazio, purtroppo in realtà non del tutto a lieto fine, come invece molto spesso è solita essere ritenuta per via dell’ambiguo finale scritto da Euripide. Infatti, come potrebbe accadere in una fiaba, in un giorno inaspettato, alla reggia del re Admeto arriva la Morte a reclamare la vita del re, il quale ottiene da Essa di continuare a vivere a patto che qualcuno accetti di morire al posto suo: solo la moglie Alcesti, troppo innamorata, si sacrifica, e muore salvando il marito. In realtà è proprio da questo fiabesco punto di avvio che scaturisce tutta la modernità di questa storia. È la storia della condanna dell’uomo Admeto e dell’ineluttabilità di un destino, conseguente alle proprie azioni. Quello stesso giorno l’eroe Eracle, che passa da quella casa, si offre, per farsi perdonare dal re Admeto, di riportargli a casa la moglie Alcesti, dal regno dei morti. È mai possibile una resurrezione? Davvero Euripide più di duemila anni fa ha voluto far credere al pubblico del Teatro di Dioniso di Atene che Alcesti può tornare in vita? Eracle è goffo: umano e mortale più che mai; può davvero scendere nel mondo dei morti? Alcesti è a mio avviso la tragedia della dannazione dei mortali: che è -sì- di chi se ne va, ma è “forse anche questa vaneggiante amara oscurità che scende su chi resta”. Con: Michele Demaria, Gabriele Benedetti, Flaminia Cuzzoli, Diego Giangrasso, Iacopo Nestori, Ludovica Apollonj Ghetti, Lorenzo Guerrieri, Adriano Exacoustos, Sara Panci, Marco Masiello, Luca Buongiorno. Progettazione scenografica Danilo Capezzani; assistente alla regia Gabriele Claretti; suoni Luca Gaudenzi, collaborazione alla drammaturgia Annick Edmin; grafiche Francesco Morgante. Produzione Progetto Goldstein e Tradizione Teatro, con il patrocinio dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma. Spettacolo vincitore Skene Lab di Tradizione Teatro.
RE PIPINO IL BREVE MARTEDI’ 27 AGOSTO ALLE 19,45
La Compagnia Carlo Magno mette in scena martedì 27 agosto, nel teatro del parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, “Re Pipino il breve”, Opera dei pupi, con il puparo e cuntastorie Enzo Mancuso. Il cunto è la forma di teatro più antica che esista; viene fatto con l’essenziale che richiede la tradizione: una pedana, una spada, il corpo e la voce. Durante il racconto la voce si trasforma, fino a raggiungere alcuni momenti drammatici, in cui la recita risulta una metrica regolata che supera qualsiasi significato per toccare l’astrazione del corpo sonoro. Lo spettacolo di Cunto che Enzo Mancuso rappresenterà in quest’occasione racconta l’assassinio di Re Pipino per mano dei figli illegittimi Olderigi e Lanfroi, e la fuga di Carlotto, designato quale futuro re e testimone del misfatto. Invidie, gelosie e giochi di potere innescano tradimenti, vendette sanguinose e battaglie tra i Magonzesi e i baroni fedeli al re ucciso. Sconfitto dai traditori, il prode Morando di Riviera decide di lasciare Parigi e cercare Carlotto, promettendo un giorno di vendicare la morte del suo amato Re e restituire il trono al legittimo erede.
MERCOLEDÌ 28 E GIOVEDÌ 29 “GLI UCCELLI. NUBICUCÙLIA, LA CITTÀ IMPOSSIBILE” ADATTAMENTO E REGIA DI CINZIA MACCAGNANO
Due ateniesi, Pistetero ed Evelpide, lasciano la loro città divorata dalla passione vendicativa della giustizia e dall’ossessivo desiderio di colonizzare popoli e territori, e se ne vanno in cerca di un luogo senza seccature, per trascorrervi il resto della vita. Laggiù i due ateniesi cercano e trovano un grande sogno utopico: una città che rinnovi la perduta età dell’oro, quando gli uccelli, più antichi di Crono e dei Titani, padroni del tempo, erano sovrani di una patria dolce e materna, senza leggi né violenza. Ma l’utopia dura poco, perché Pistetero, via via, ristabilizza nella nuova polis l’ordine del nomos a cui si era ribellato, stravolgendo l’aerea Nubicucùlia in un doppio del mondo reale, dove gli uccelli “dissidenti” vengono trasformati in un arrosto succulento, mentre quelli accondiscendenti si mettono al totale servizio degli uomini.
“Gli uccelli. Nubicucùlia, la città impossibile” di Aristofane”, adattamento e regia Cinzia Maccagnano, andrà in scena mercoledì 28 e giovedì 29 agosto, alle 19,45, nel teatro del parco archeologico di Segesta,nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo.
In uno sgangherato varietà, anche attraverso scene buffonesche e ridicole, si manifesta la ribellione dell’individuo nei confronti del gruppo, della società. Questa ribellione, comune a tutti gli uomini, non trovando appigli nella realtà per l’attuazione, dà impulso incontrollato, si traduce in atto in una dimensione fantastica, dove il sovvertimento dell’ordine costituito diventa lecito, il desiderio diventa folle a tal punto da sovrapporre il mondo ideale a quello reale. L’autocompiacimento di Pistetero lo porta a diventare anch’egli ipertrofico, come la sua Atene dalle mire espansionistiche, e così, non pago di aver assunto il controllo di Nubicucùlia, vuole costringere alla sottomissione persino gli dèi, ricattandoli e poi corrompendoli. Ma che ne sarà di questo mondo, apparentemente a misura d’uccello, ma di fatto a misura di Pistetero? L’uomo cadrà negli stessi vizi da cui è fuggito, irrimediabilmente sedotto dal potere che gli garantisce il controllo della società di uccelli, e dal denaro che lo rende socialmente riconosciuto. Ne verrà fuori un Io ricostruito che al termine di una parata tutta musica e balletti, come il più estroso dei carnevali, metterà in gabbia i desideri degli altri, costruirà mura a garanzia del proprio Io eroico, facendosi beffe persino degli dèi. L’opera di Aristofane si conclude con la festa per le nozze di Pistetero con l’amante di Zeus, cioè con l’accettazione della vittoria del più furbo, come se la conclusione dovesse essere quella di accontentarsi di quell’unico modello possibile di società, dove una “tarantella” chiassosa, cancellando il malumore, tenta di cancellare, nascondendolo, il malessere. Ma ad uno sguardo più distante si può cogliere invece come Aristofane indichi la banalità del male, la fragilità delle società che si lasciano capeggiare dalla bramosia di individui frustrati e prepotenti che un poco di coraggio potrebbe scalzare con facilità. Perciò, forse, possiamo immaginare un usignolo, una voce fuori dal coro, che, volando in alto sullo sfumare della festa, possa cantare ancora la nascita di una città ideale, chissà dove, chissà con chi. Adattamento e regia Cinzia Maccagnano; con Oriana Cardaci, Marta Cirello, Raffaele Gangale, Dario Garofalo, Cinzia Maccagnano, Luna Marongiu, Chiara Pizzolo, Cristina Putignano, Rossana Veracierta. E con Lucrezio De Seta, Franco Vinci. Musiche originali, Lucrezio De Seta; canzone di Upupa Federica Clementi; movimenti di scena Luna Marongiu; costumi Monica Mancini; scenografia Rosalba Cannella e Mariella Beltempo.
PER CONVERSAZIONI D’AUTORE MERCOLEDI’ 28 AGOSTO ORE 21.30 INCONTRO CON GIOVANNI MANNINO SU “L’ARTE RUPESTRE PRESISTORICA IN SICILIA”
Per ‘Conversazioni d’autore’ mercoledì 28 agosto alle 21.30, sempre nell’ambito delle Dionisiache 2019, incontro con l’archeologo e speleologo Giovanni Mannino su “L’arte rupestre preistorica in Sicilia” (Edizioni di Storia e di studi sociali), volume curato dall’archeologo Antonino Filippi. Mannino autore del volume e fondatore dell’Associazione Catasto Speleologico Siciliano, ha esplorato oltre 700 grotte in Sicilia e in Italia. Introduce Rossella Giglio, direttore del parco archeologico di Segesta.
L’arte rupestre preistorica è un linguaggio senza tempo fatto di immagini e segni, talvolta incisi altre volte dipinti sulla roccia, che ritroviamo in ogni parte del mondo. L’uomo preistorico, sin dal lontano Paleolitico Superiore, realizzò in Sicilia sulle pareti delle grotte alcuni capolavori d’arte, come la celebre scena nella Grotta dell’Addaura, presso Palermo, dove uomini e donne sono intenti a compiere un acrobatico rituale, del quale forse mai comprenderemo la reale essenza; o le figure di animali nella Grotta del Genovese dell’isola di Levanzo, che costituiscono una sorta di enciclopedia illustrata della fauna siciliana sul finire del Pleistocene. Più enigmatici sono invece i segni dipinti sulle pareti della Grotta dei Cavalli, presso San Vito lo Capo, quasi un preludio dell’arte astratta dei nostri tempi, o le migliaia di incisioni lineari presenti in decine di grotte e anfratti, per le quali l’estrema essenzialità del segno scolpito nella roccia nasconde ancora gelosamente il messaggio in esse contenuto.
Sarà proprio dalla scoperta nel 1960, per la prima volta in Italia, di alcuni segni incisi nel corso della preistoria, in una grotta non lontana da Palermo, che avrà inizio la lunga avventura scientifica di Giovanni Mannino, già pioniere della speleologia siciliana. L’autore, attraverso le pagine di questo libro, curato dall’archeologo Antonino Filippi, ci racconta così oltre mezzo secolo di studi, non limitandosi però alla sola descrizione dei dati, ma esplorando anche il lato umano della ricerca, i fatti, le circostanze e i protagonisti di ogni scoperta, attraverso un racconto che travalica il mero dato scientifico, divenendo la narrazione di una storia, ancora poco conosciuta, che ha come protagonista la Sicilia e la sua millenaria cultura.

Comunicato stampa del 22.08.2019

DIONISIACHE 2019: TRINUMMUS (LE TRE MONETE) DI PLAUTO DAL 23 AL 25 AGOSTO
VENERDI’ 23 MUSICA “BROADWAY 2.0” CON RICCARDO RANDISI E KATE WORKER
SABATO 24 “MUSIC FROM MYTHS” E NOTTE BIANCA CON PIETRO ADRAGNA IN CONCERTO
DOMENICA 25 ALL’ALBA IAIA FORTE INTERPRETA “PENELOPE”
COLLINA DEL TEMPIO 25 AGOSTO ORE 21.30 “L’OSSO CHE CANTA IN SICILIA”
Trinummus (Le Tre Monete) è la commedia plautina che si avvicina di più a Terenzio — l’altro poeta comico latino del II sec. a.C. La commedia, datata attorno al 190 a.C., tra le meno rappresentate, andrà in scena, con la regia di Domenico Pantano, nel teatro del parco archeologico di Segesta da venerdì 23 a domenica 25 agosto, alle 19.45, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, direzione artistica Nicasio Anzelmo.

Domenico Pantano
Forse è la più morale nello scarsamente morale teatro plautino. Nel Trinummus il moralismo è molto chiaro: parlando di un campo, ad esempio si dice: “Bisognerebbe seminarvi i cattivi costumi se, a forza di sotterrarli, finissero per ridursi a zero”. Il concetto di “dote” viene ampiamente sottolineato diventando motivo di orgoglio e di responsabilità. Si tratta in sostanza di un quadro di vita “borghese”, in una non identificata città di mare, dove contrastano la virtù e la laboriosità degli anziani (Carmide e Callicle) e la dissipatezza di alcuni giovani (Lesbonico), con il contorno di amici, di pettegolezzi e vicende varie che si risolvono comunque in un lieto fine in cui la virtù è premiata e l’errore perdonato. Interessante la sottolineatura di due tipi di giovani, i “buoni” e, almeno per il momento, i “cattivi”.
Sinossi. Carmide, un padre guerriero-girovago, alla continua ricerca di fortuna, lascia i due figli in affidamento ad un amico, Callicle, per affrontare l’ennesimo viaggio. Allo stesso amico confida che dentro la casa dove abitano i figli è nascosto un tesoro, imponendogli di non rivelare mai a nessuno il segreto. L’amico non vedendolo più tornare, ed assistendo al libero sfogo di uno dei figli, Lesbonico, che reclama continuamente monete per il proprio vizio dissipando il patrimonio e mettendo in vendita la casa, temendo di perdere il tesoro, compra le proprietà del padre per poche mine. L’intenzione di Callicle non è quella di approfittare del giovane Lesbonico in stato di bisogno, ma quella di salvare la casa e il tesoro restituendoli all’amico Carmide nel momento in cui sarebbe tornato. Nessun futuro per i due giovani, nonostante la sorella Soteride viva una richiesta di matrimonio da parte di un giovane benestante del luogo, Lisitele. Mentre i servi, Stasimo e Fronesia, tramano modi per avere consenso al matrimonio visto che non c’è più dote per la rabbia di Filtone, padre di Lisitele, si evidenziano: posizioni, caratterialità dei singoli personaggi, dediti al gioco della difesa dei propri piccoli interessi. La tresca è sul punto di riuscire, con buona pace di tutti, quando torna inatteso, naufrago e solo, Carmide il padre, che all’oscuro di tutto rivive in modo distorto gli avvenimenti, passando da una disavventura personale all’altra, prima che la verità si ristabilisca. L’equivoco, l’inganno, la complicità tra i singoli personaggi, determina un mondo piccolo, fatto di manie, pettegolezzi, travestimenti, desideri vietati, e fanno delle Tre Monete, già commedia comica latina, un’opera di grande attualità, in cui l’assenza di potere genera chiacchiere. Regia: Domenico Pantano; con: Domenico Pantano, Marco Prosperini, Orazio Alba, Veronica Baleani, Maria Lauria, Paolo Ricchi, Krzysztof Burzacky Bogucky, Vittorio Chia; Scene di Gianluca Modio; costumi di Ilenia Gurnari; movimenti coreografici Barbara Cacciato; realizzazioni scene OCSA.
MUSICA: VENERDÌ 23, ALLE 22, RANDISI & WORKERBROADWAY 2.0”
Da sempre si associa “Broadway” ad un concetto chiaro: il palcoscenico. La storia di questo luogo magico, che corrisponde alla 42/ma strada di Manhattan, è quella di un nome destinato a rivoluzionare gli spettacoli dal vivo di tutto il mondo. Il grande nome fu subito legato al musical. Nato come ibrido dell’operetta, il musical creava per la prima volta un vero e proprio spettacolo americano che definiva un gusto d’oltreoceano, che non spartiva nulla con ciò che accadeva in Europa. Alcuni tra i più grandi compositori americani, Gershwin, Porter, Kern hanno scritto capolavori indimenticabili per i musical di Broadway. Questi capolavori sono divenuti famosi “standards jazz” resi immortali grazie alle magnifiche interpretazioni dei più grandi jazzisti americani. Broadway 2.0, proposto da Kate Worker e Riccardo Randisi, venerdì 23 agosto, alle 22, sulla collina del tempio, nell’ambito delle Dionisiache 2019, vuole rendere un sentito omaggio alla tradizione del musical attraverso la riproposizione di alcuni dei brani più rievocativi della tradizione americana, proposti attraverso l’esecuzione di arrangiamenti originali targati Worker-Randisi, nei quali affiorano e si amalgamano perfettamente sia la conoscenza jazzistica di Randisi che la visione musicale trasversale ed europea della Worker. Riccardo Randisi al piano, la voce di Kate Worker, Marco Zammuto al contrabbasso, Fabrizio Giambanco alla batteria, Davide Rizzuto al sassofono.
CONVERSAZIONI D’AUTORE: SABATO 24 ALLE 21.30 ALBERTO STABILE PARLA DI MEDIO ORIENTE IN FIAMME CON 12 MILIONI DI PERSONE IN FUGA DAI CONFLITTI
Per “conversazioni d’autore” sabato 24, alle 21.30, sulla collina del tempio, il giornalista e per anni corrispondente de la Repubblica Alberto Stabile, dialoga con la giornalista Jana Cardinale su “Medio Oriente in fiamme: dallo Yemen al Golfo persico, dalla Libia all’Iran con 12 milioni di persone in fuga dai conflitti. Introduce Rossella Giglio, direttore del Parco archeologico di Segesta. L’iniziativa di inserisce nel programma del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019.
“MUSIC FROM MYTHS” SABATO 24 AGOSTO ALLE 22.30 SULLA COLLINA DEL TEMPIO
Sempre nel programma del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019 arriva “Music from Myths” sabato 24 agosto, alle 22.30, sulla collina del tempio, composizione e produttore Salvo Ferrara. Con Salvo Ferrara, piano-synths, Fabio Ferrara, 1° violino, Pippo Di Chiara 2° violino e tastiere, Gaspare D’Amato, viola, Andrea Rigano, violoncello, Agostino Cirrito, sax, akay ewi, e Cristiano Nasta, live set-up programming e sound.Ingresso libero. Il concept è incentrato sul tema del rapporto fra suoni e mitologia, fra percezione uditiva e suggestione visiva. La composizione estende il concetto di classicità avvalendosi di un approccio creativo aperto alle moderne tecnologie di audio produzione. Il suono che ne scaturisce rappresenta il segno peculiare della “laicizzazione” dell’ispirazione classica dell’autore: se l’impronta, nella sua cellula compositiva, è chiaramente orchestrale, in effetti il suo sviluppo viene sostenuto da inconsuete soluzioni timbriche e ritmiche nelle quali arpeggiatori di stampo ambient si sovrappongono a freseggi dettati dagli archi, pads dal sapore “cinematic” fanno da sfondo a larghe melodie cantate dall’ewi (electronic wind instrument), matrici pianistiche, minimaliste si animano grazie all’apporto di drum machines.
ULTIMA NOTTE BIANCA CON PIETRO ADRAGNA IN CONCERTO ALLE 00.30
Ultima notte bianca tra sabato 24 e domenica 25 del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, con Pietro Adragna, 31 anni, di Erice, fisarmonicista italiano, concertista di livello internazionale, proclamato campione del mondo di fisarmonica nel 2009 e nel 2011, che ha cominciato a studiare la fisarmonica, nella sua città, a soli 6 anni, con il maestro Salvatore Graziano. Negli anni successivi ha approfondito gli studi con il maestro Roberto Fuccelli e si è perfezionato in Francia con Frederic Deschamps, dedicandosi anche al pianoforte, alla composizione e alla direzione d’orchestra. Ha frequentato il Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze, dove ha conseguito il diploma in fisarmonica sotto la guida del maestro Ivano Battiston e in pianoforte con il maestro Yang Su Cin. Studia ed approfondisce gli studi di direzione d’orchestra con il maestro Alessandro Pinzauti, suo punto di riferimento, diplomandosi in seguito al Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo sotto la guida del maestro Carmelo Caruso.

Pietro Adragna
Il suo lavoro è caratterizzato dalle trascrizioni per fisarmonica di arie d’opera nate per grande orchestra. Nel 2009, ha vinto il Trofeo Mondiale di fisarmonica, tenutosi ad Albufeira, Portogallo. Alla Coppa Mondiale del 2011, svoltasi in Cina, ha vinto nella categoria “Virtuoso Entertainment Music” e nella categoria “Digital Accordion”. Quello stesso anno ha vinto anche il 5° Festival Internazionale della Fisarmonica Digitale a Roma. Negli anni ha suonato in quasi tutto il Mondo: Europa, Nord America e Asia. Ha calcato palchi prestigiosi come il Teatro Massimo di Palermo, Teatro greco di Taormina, Teatro del Mediterraneo di Napoli. Vanta, inoltre, collaborazioni in RAI. Dal 2016 è il direttore artistico del World Accordion Festival in Sicilia, e da ottobre 2017, direttore stabile dell’Orchestra Sinfonica Giovanile “Vito Fazio Allmayer” di Alcamo.
IAIA FORTE E’ PENELOPE NELL’ULTIMA ALBA A SEGESTA DOMENICA 25 ALLE 5
Ultima alba per la programmazione di questa stagione del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, a Segesta, con Iaia Forte che è “Penelepe” con la regia di Giuseppe Argirò. Liberamente ispirato all’Odissea di Omero, lo spettacolo di portata affabulatoria che si radica nell’impegno civile, è un viaggio ironico e struggente attraverso i luoghi visitati da Ulisse e raccontati dalla voce femminile di Penelope, Iaia Forte, che con abile trasformismo vocale, veste i panni dei personaggi coinvolgendo gli spettatori nel gioco teatrale delle diverse metamorfosi.

Iaia Forte
Gli eroi omerici, attraverso la riscrittura e la regia di Giuseppe Argirò, diventano grotteschi, brillanti; privati della loro antichità rinascono moderni e profondamente umani in un’interpretazione che si avvale di un repertorio musicale, particolarmente accattivante e sofisticato, con i brani di Debussy, Chopin, Skrjabin, Tiersen, Nyman, Schumann, Piazzolla. “Lo spettacolo è affidato esclusivamente alla forza interpretativa dell’attrice e alla carica espressiva della musica, frutto di un’operazione drammaturgica che considera una voce esclusiva per le molteplici sfaccettature. Penelope, nel suo viaggio affabulatorio attraverso la drammaturgia che propone un’unica voce a ripercorrere le peripezie di Ulisse e tutti i personaggi da lui incontrati, diventerà, di volta in volta, il Ciclope, la Maga Circe, le Sirene incantatrici. Alla voce recitante fa da contrappunto una partitura musicale estremamente accattivante dal fascino contemporaneo; un pianista in mezzo all’oceano interpreta musicalmente il viaggio di Odisseo e l’attesa di Penelope, come se si trovasse in un luogo senza tempo” …“Odissea Penelope, che racchiude nel titolo la sua necessità d’essere anticipando il punto di vista tutto al femminile dell’attesa esprimendo la rivendicazione del dolore, dell’abbandono e della solitudine, reclama il diritto della donna ad esistere, a chiamarsi con un nome proprio, affermando un’identità che non può essere decisa a priori da nessun sistema culturale. Nella memoria si consuma la violenza. Rimane il dolore muto e silenzioso che nega qualsiasi forma di rimozione ritrovando, nella parola e nel teatro, l’unica forma di rappresentazione possibile”.
COLLINA DEL TEMPIO 25 AGOSTO ORE 21.30 “L’OSSO CHE CANTA IN SICILIA”
Sempre nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dioniasiache 2019, domenica 25 agosto, ore 21.30, “L’osso che canta in Sicilia”, una fiaba di magia tra oralità e scrittura. Conferenza spettacolo ideata da Sergio Bonanzinga (Università degli Studi di Palermo), con la partecipazione di Francesca Chimento, Barbara Crescimanno e Michele Piccione. Introduce Rossella Giglio, direttore del Parco archeologico di Segesta. Con il titolo convenzionale “L’osso che canta” si usa indicare una fiaba di magia diffusa in tutta l’area europea. Nelle Isole Britanniche la medesima narrazione è diffusa anche sotto forma di ballata. L’intreccio si può così sintetizzare: 1) un giovane (o una giovane) uccide il fratello (o sorella) e lo seppellisce (o getta il cadavere in uno specchio d’acqua); 2) dalle ossa dell’ucciso, o da una pianta cresciuta sul luogo della sepoltura (o dell’annegamento), un passante (pastore, menestrello, giullare, mendicante, contadino) ricava uno strumento musicale (flauto o piffero, zampogna o cornamusa, arpa, violino) oppure una sua parte (a esempio il bocchino di un corno secondo la variante presente nella celebre raccolta dei fratelli Grimm); 3) nello strumento s’incarna l’anima del defunto che attraverso il suono-canto accusa il responsabile dell’omicidio. Anche in Sicilia la fiaba è presente, e in tutte le varianti attestate nella letteratura demologica sono incluse delle parti cantate, anche se la melodia utilizzata nel canto viene rilevata all’inizio del Novecento esclusivamente dal musicista-etnografo Alberto Favara. Nel corso della conferenza-spettacolo verranno letti e drammatizzati i testi del cuntu attestati nella letteratura folklorica ed etnomusicologica (Gonzembach, Pitrè, Grisanti e Favara) e mostrati i filmati di alcuni fra più significativi esempi rilevati nella tradizione orale contemporanea.

Comunicato stampa del 20.08.2019

DIONISIACHE 2019: MERCOLEDÌ 21 E GIOVEDÌ 22 AIACE DI SOFOCLE
Una messa in scena classica, senza contaminazioni o attualizzazioni, né sul testo né sulla scenografia e costumi. Aiace di Sofocle andrà in scena, mercoledì 21 e giovedì 22 agosto, alle 19,45, nel teatro del parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dioniasiache 2019, direzione artistica Nicasio Anzelmo.
Aiace è la più antica tragedia di Sofocle, rappresentata intorno al 445; essa incarna il senso tragico nel conflitto atroce tra due mondi (antico e moderno) ed è la tragedia della solitudine per antonomasia. Lo spunto nasce dall’estrema modernità e attualità, presenti in vari aspetti dell’opera: la modernità della scrittura drammaturgica dell’autore – che sicuramente si distingue in ciò dagli altri due poeti tragici dell’antichità, Eschilo ed Euripide e l’attualità delle tematiche principali, cioè l’arroganza la tracotanza, la così detta “ubris”, che vive in tutti i personaggi dell’opera, umani e divini, e la conseguente vergogna del protagonista che, facendo presa sul suo smisurato orgoglio, lo conduce al suicidio. L’integrità morale del personaggio ne fa un tragico eroe moderno.
Il ruolo del protagonista è affidato a David Coco. Per quanto riguarda la scenografia, è suggerita dallo stesso autore, e cioè la tenda di Aiace nell’accampamento dell’esercito greco. Regia di Giovanni Rizzuti; con: David Coco (Aiace), Bruno Torrisi (Ulisse), Manuela Ventura (Tecmessa), Chiara Seminara (Atena), Franco Sciacca (Agamennone), Stefano Onofri (Messaggero), Alessandro Romano (Teucro), Salvo Disca (Menelao). Coro: Luca Iacono, Adriano Di Bella, Edoardo Monteforte. Ricerca musicale effetti sonori Franz Vozza; scene Emanuele Salamanca. Compagnia: Associazione Gags – Giovani attori per Giovani spettatori.
PER CONVERSAZIONI D’AUTORE GIOVEDI’ 22 AGOSTO “STORIE DI SANGUE, AMICI E FANTASMI” CON PIETRO GRASSO, FRANCESCO LA LICATA, TURI MORRICA
Sempre nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dioniasiache 2019, per “Conversazioni d’autore”, giovedì 22 agosto, alle 21.30, sulla collina del tempio, “Storie di sangue, amici e fantasmi”, con il senatore Pietro Grasso, e Francesco la Licata, giornalista e scrittore. Letture di Turi Morrica, attore. Introduce Rossella Giglio, direttore del parco archeologico di Segesta. Una vita passata a lottare contro la mafia accanto ad amici carissimi, che sono anche simboli di impegno civile, e a contatto con boss sanguinari, che possono diventare preziosi collaboratori per la ricerca della verità. Venticinque anni dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio, Pietro Grasso – oggi senatore della Repubblica e già presidente del Senato dal 2013 al 2018, allora magistrato in prima linea nella lotta alla mafia – torna a percorrere le strade di Palermo, l’aula del Maxiprocesso, le campagne rifugio dei latitanti e le tante, troppe scene del crimine in cui ha dovuto scorgere il cadavere di uomini dello Stato trucidati dalla mafia, di amici portati via troppo presto.

Comunicato stampa del 18.08.2019

DIONISIACHE 2019: LUNEDI’ 19 E MARTEDI’ 20 AGOSTO LYSISTRATA DA ARISTOFANE
Il sesso fa muovere il mondo e Lysistrata lo sa, ne è convinta e mette in atto uno stratagemma creativo e surreale: tutte le donne greche dovranno astenersi dall’avere rapporti sessuali con i mariti finché la guerra del Peloponneso non sarà cessata. Ma nel tentativo di rovesciare le regole della società maschilista del tempo, Lysistrata è in fondo costretta a confermarle e a conti fatti sembra proprio che il potere decisionale delle donne rimanga legato esclusivamente al sesso. Purtroppo con il suo eroico sciopero otterrà soltanto un’uguaglianza ed una pace provvisorie. Banned Theatre propone per lunedì 19 e martedì 20 agosto, alle 19.45, nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo, un divertentissimo adattamento della famosa commedia di Aristofane ed affronta con impegno il tema universale della guerra, con la regia di Valentina Ferrante e Micaela De Grandi. “In realtà la guerra è più un affare da donne, perché esse ne sopportano il peso due volte: partoriscono i figli con dolore, li allevano con tanto amore e poi li vedono andare via a fare i soldati!”. Le madri portano la vita dentro e ne comprendono appieno il valore. Stop the war! E’ il grido delle donne e madri di Atene che, nella moderna rielaborazione della paràbasi, evocano una visione profetica dei giorni nostri, travolti da guerre e conflitti di varia natura: religione, denaro, potere. Sono quelle stesse guerre che strappano i figli alle madri. Stop the war! “Polemos è padre di tutte le cose”, diceva Eraclito. Se non ci fosse guerra tra i contrari non ci sarebbe vita.
Ma il Logos come Padreterno, ovvero colui che è armonia in profondità, forse si disvela nella maternità, nel meraviglioso atto della procreazione, dunque, della creazione. La madre è una divinità incantevole. Se la negazione dell’atto sessuale potesse risolvere un conflitto, a cosa potrebbe portare il rifiuto alla procreazione? Segnerebbe la fine dell’umanità. La madre è dunque sacra. Nell’atmosfera giocosa della Lysistrata si toccheranno temi salienti, evidenziando l’aspetto comico del testo di Aristofane e offrendo uno spettacolo al contempo divertente e riflessivo. Una messinscena essenziale che nasce in co-produzione con il “Calatafimi Segesta Festival – Dionisiache 2016” e si sviluppa da un lavoro di improvvisazione degli attori com’è tipico del “modus creandi” della compagnia. Attraverso l’uso delle maschere e coadiuvati dalle efficaci musiche originali di Luca Mauceri, i sei attori in scena esploreranno il caleidoscopio dei tipi umani con esilaranti capovolgimenti dei generi maschile e femminile. Lysistrata: regia di Valentina Ferrante e Micaela De Grandi; con: Giovanna Criscuolo, Micaela De Grandi, Valentina Ferrante, Federico Fiorenza, Massimiliano Geraci, Luigi Nicotra, Giovanni Rizzuti. Musiche di Luca Mauceri; costumi di Nunzia Capano; elementi di scena Michele De Grande e Simona Ferrante, assistenti alla regia Luigi Nicotra e Roberta Andronico.
CALATAFIMI SEGESTA: 19 AGOSTO ORE 21.30 “A TESTA SUTTA” DI LUANA RONDINELLI
Una Palermo assolata e polverosa fa da sfondo alla storia d’U biunnu. Il biondo, bambino dalla pelle chiara e dagli occhi azzurri, è troppo delicato per la vita dura di periferia. Nasce così il rapporto speciale di protezione e di amicizia con il cugino, il suo opposto: il “boss” del quartiere, “nero con gli occhi neri”, un dualismo perfetto tra i due cugini, che si completano a vicenda”i piedi e la testa, la testa e i piedi, un gioco, se lo si fa in due non si cade”. Luana Rondinelli con “A testa sutta”, regia e con Giovanni Carta, che va in scena lunedì 19 agosto, alle 21.30, alla Circiara, a Calatafimi Segesta, nell’ambito delle Dionisiache 2019, direzione artistica di Nicasio Anzelmo, prosegue qui il percorso iniziato con Giacominazza, un percorso che indaga la diversità e la sua forza. “A testa sutta” è un testo toccante, che si muove tra l’ombra dell’emarginazione e la luminosa spontaneità dei sentimenti. “Sullo sfondo di una Palermo che restasse a guardare con le sue strade polverose e pettegole – spiega Luana Rondinelli – ho immaginato di ricostruire il palcoscenico di un’infanzia dalle ore fragili e dai giochi duri, propri di quel rito di iniziazione che è la vita. La poesia avrebbe inondato il paesaggio delle palazzine popolari, velenose come alveari e fitte di complice vivacità, e si sarebbe snodata nei cortili, nelle strade terrose, nel chiasso dei bambini di strada fino a raccontarci di due personaggi opposti ma complementari”. U biunnu, bambino dalla pelle bianca e affetto dal “candore del cuore” e suo cugino, il “mafiosetto” del quartiere, che si è fatto carico della fragilità del biunnu, “abbabbasunnato” in mezzo alla strada, in perenne conflitto tra il suo delicato mondo interiore e la cruda realtà in cui è costretto a muoversi. “E come dalla terra arida della Sicilia – aggiunge – fiorisce il profumo dei gelsomini, così dal degrado sociale sboccerà un piccolo esempio di acerba bellezza, in cui scopriremo che i due personaggi non sono che uno solo, e che entrambi sono cresciuti tenendosi metaforicamente la mano, pur osservando la vita da due prospettive diverse, sentendola sulla pelle agli antipodi, là dove i piedi e la testa di uno saranno la testa e piedi dell’altro, ma unico resterà il baricentro dei cuori”. “Rondinelli – scrive Alessandro Paesano su teatro.it – sa infondere alla lingua siciliana una vitalità dirompente che è la stessa che anima i vari personaggi che emergono dal racconto. (…) Carta in scena sa volare, districandosi nei continui cambi di rotta di un testo che non si ferma mai ma va sempre oltre nel ritmo, nel senso, nel significato, nel racconto, in questo o quel personaggio che emerge, scompare e ritorna, sempre attento a rimanere sull’onda del racconto, sostenuto dall’energia di questo o quel personaggio, di questo o quel momento del racconto”. “A testa sutta” regia e con Giovanni Carta; musiche Massimiliano Pace; produzione Teatro Segreto Napoli.

Comunicato stampa del 14.08.2019

DIONISIACHE 2019: DAL 15 AL 18 AGOSTO LA CASA DEL FANTASMA (MOSTELLARIA) DI PLAUTO, TRADUZIONE, ADATTAMENTO E REGIA DI NICASIO ANZELMO

NOTTI IN MUSICA 15 AGOSTO “LADIES IN SOUL” E 16 AGOSTO TATUM ART ORCHESTRA

CONVERSAZIONI D’AUTORE 17 AGOSTO “ZOOLOGIA DELLA SICILIA ARABA E NORMANNA”

EVENTO SPECIALE IL 17 CON “LA LUNA, 50 ANNI DOPO” SULLE COLONNE DEL TEMPIO

NOTTE BIANCA CON YOUSIF LATIF JARALLA E GIUSEPPE MILICI QUARTET

DOMENICA 18 ALBA ALLA 5 CON SATIRYCON IN PRIMA NAZIONALE

Caratterizzate da un’estrema complessità degli intrecci, spesso privi di un rigoroso e coerente sviluppo narrativo e risolti infine per l’intervento eccezionale di personaggi o di eventi esterni, le commedie plautine per essere comprese devono venire inquadrate dentro la cultura teatrale della Roma repubblicana: Plauto scrive per una società in trasformazione nella quale l’emergente classe borghese, arricchitasi grazie alle iniziative commerciali stimolate dalle nuove conquiste, è in progressiva espansione. Scrive per il divertimento grasso delle classi popolari, cui è gradito il riso sboccato, destato da artifici comici di ogni sorta. Scrive per l’otium degli aristocratici, intriso di estetizzanti vagheggiamenti ellenistici. L’estetica dell’apparenza sostanzia il sogno orientale degli aristocratici romani. Con “La Casa del fantasma (Mostellaria), che andrà in scena dal 15 al 18 agosto, nel teatro del Parco archeologico di Segesta, alle 19,45, nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, traduzione, adattamento e regia di di Nicasio Anzelmo, direttore artistico della manifestazione. La regia di Nicasio Anzelmo sviscera con cura dei dettagli le peculiarità della comicità plautina e può contare su una compagnia di attori professionisti che vanta una lunga frequentazione con i testi di Plauto in cui si è specializzata.
Plauto raggiunge uno dei livelli più alti della sua comicità. Composta nel 188 a.c. è un’opera ricca di personaggi, dominata dal clima di crescente “suspance” creato dal servo Tranio. La grandezza di Plauto non sta soltanto ricercata nella capacità di delineare indimenticabili caratteri grotteschi o nel tratto moraleggiante, che talvolta emerge da alcune sue opere minori, ma anche e soprattutto nella lucidità disinvolta con cui ha fatto sfilare sulla scena un’umanità priva di attributi di gloria e di onore, per la quale vige solo la legge dell’inganno finalizzato al proprio piacere o al proprio interesse immediato: homo homini lupus.
La trama: Il giovane Filochete, aiutato dal suo servo Tranio, dilapida in gozzoviglie e divertimenti il patrimonio del padre Teopropide, lontano per affari ormai da tre anni. Filolachete ha inoltre contratto un oneroso debito con uno strozzino allo scopo di affrancare e avere tutta per se la bella cortigiana Filomatia. A casa del giovane si presenta, con una dama, il suo compagno di bagordi Callidamate, perennemente ubriaco: gli amici stanno per godere insieme dell’ennesimo banchetto quando dal porto giunge trafelato Tranione, annunciando l’imprevisto ritorno ad Atene di Teopropide. Ma il servo già meditando una via d’uscita per il padroncino: chiude in casa i convitati, serrando l’uscio dall’esterno, quindi attende l’arrivo del vecchio: E quando torna Teopropide, si presenta alla propria dimora e bussa più volte per farsi aprire, compare Tranio, il quale lo scongiura di allontanarsi: l’abitazione – così sostiene il servo, è ormai disabitata e maledetta a causa di un antico delitto scoperto soltanto di recente in seguito all’apparizione del fantasma dell’ucciso in sogno a Filolachete. Si ode poi una voce dall’interno e Tranio afferma che è quella del Fantasma: il vecchio, terrorizzato, si dà alla fuga. Di lì a poco però ritorna e per caso incontra l’usuraio, che reclama il denaro prestato a Filochete. Per trarsi d’impaccio, Tranio deve allora inventare un’altra frottola: il suo padroncino, non potendo più vivere nella casa maledetta, è stato costretto ad acquistarne un’altra, chiedendo i soldi per la caparra allo strozzino. Il vecchio gli crede e liquida il creditore con una promessa di pagamento, ma insiste per vedere la nuova dimora. L’ardito bugiardo gli fa invece visitare quella di Simone, un vicino dal quale riesce a farsi accogliere grazie all’ennesima menzogna: gli dice infatti che Teopropide, volendo ammogliare il figlio e cambiare la disposizione di alcune stanze nella propria abitazione, ha scelto come modello la sua. Al termine di quella visita, tuttavia, Teopropide scopre la verità: infatti incontra due servi che cercano il loro padrone, Callidamate, proprio in casa di Filolachete, una casa, quindi, tutt’altro che disabitata. A poco a poco, così, il vecchio si rende conto di tutti gli imbrogli di Tranio. E soltanto un saggio intervento di Callidamate, eccezionalmente sobrio, fa si che egli perdoni il figlio pentito e, seppure ancora a denti stretti, anche il servo intrigante.
Traduzione, adattamento e regia di Nicasio Anzelmo. Con: Giovanni Carta, Nicolò Giacalone, Roberto Baldassari, Alessia Sorbello, Giovanni Di Lonardo, Roberto Carrubba, Giovanni Strano, Mimma Mercurio e Sabrina Sproviero. Con la partecipazione straordinaria di Monica Guazzini. Costumi di Angela Gallaro Goracci. Musica di Simone Piraino. Coreografie di Barbara Cacciato; aiuto alla regia Simone De Renzo; assistente alla regia Roberto Di Stefano; sartoria di Paola Rossi; organizzazione Rossella Compatangelo. Produzione C.T.M. Centro Teatrale Meridionale, diretta da Domenico Pantano.
NOTTI IN MUSICA 15 AGOSTO ORE 22 COLLINA DEL TEMPIO “LADIES IN SOUL” IN CONCERTO
Sulla Collina del tempio, per Ferragosto, alle 22, nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, “Ladies in soul” in concerto. Voce e pianoforte: Anita Vitale; voce: Giorgia Crimi, Valeria Milazzo; batteria: Giuseppe Sinforini; sax: Rita Collura.
NOTTI IN MUSICA 16 AGOSTO ORE 22 COLLINA DEL TEMPIO TATUM ART ORCHESTRA
Sulla Collina del tempio, venerdì 16 agosto, alle 22, nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, Tatum Art Orchestra. Tromba e arrangiamenti Alessandro Presti; trombe Aldo Liveri, Filippo Schifano; trombone Salvatore Nania; sassofoni Orazio Maugeri, Fabrizio Cassarà, Francesco Patti, Michele Mazzola; chitarra Fabrizio Brusca; contrabbasso Davide Inguaggiato; batteria Gaetano Presti.
CONVERSAZIONI D’AUTORE 17 AGOSTO “ZOOLOGIA DELLA SICILIA ARABA E NORMANNA”
Sulla Collina del tempio, venerdì 17 agosto, alle 21.30, nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, conversazione con Marco Masseti, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze. Masseti è anche membro del consiglio scientifico del Muséum National d’Histoire Naturelle di Parigi, membro dell’International Union for Conservationof Nature (IUCN) Deer Specialist Group (Gland, Svizzera), oltre che fellow della Linnean Society di Londra. Ha al suo attivo oltre 200 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali ed alcuni libri.
Le immagini musive e dipinte di animali da serraglio o oggetto di caccia, che ancora decorano quel che resta dei palazzi arabo-normanni di Sicilia, ci parlano di un mondo a noi ormai lontano che, se per certi versi conserva ancora dei caratteri fiabeschi, si rivela già ispirato da un desiderio di conoscenza che potrebbe essere definito quasi scientifico. Il confronto fra varie categorie di fonti, che comprendono quella naturalistica, l’osteologica, l’iconografica e la letteraria, consente a Marco Masseti di intraprendere un viaggio affascinante fra la biologia, la letteratura e l’arte della Sicilia medievale. Questo allo scopo di fare un poco più di luce sul travisamento dei dati e l’inquinamento dei contesti archeologici che ci restano a testimonianza delle trascorse ricchezze faunistiche ed ambientali dell’isola nel corso di un periodo storico di particolare pregnanza culturale: i quasi quattrocento anni che hanno visto avvicendarsi in Sicilia il dominio arabo e poi quello normanno. L’autore si spinge così ad indagare sulle forme faunistiche scomparse in epoca storica e su quelle invece introdotte per ragioni venatorie, alimentari o più semplicemente per il desiderio della loro ostensione. È anche l’occasione per rivisitare le vestigia delle varie realizzazioni architettoniche ed urbanistiche connesse con la coeva gestione ambientale; come il grande parco da caccia – al Manânî – che si estendeva alle spalle di Palermo e che fu ammirato e decantato da numerosi viaggiatori ed eruditi dell’epoca. E delle fantastiche fiere che vi erano contenute. Oppure il viridarium genoard, lo spazio riservato e murato di cui la corte normanna disponeva per l’allevamento di rarità biologiche esotiche, fra cui felidi micidiali e variopinti pappagalli orientali. Il tutto inserito nel tentativo di una ricostruzione ambientale specificamente basata su un approccio di ricerca multi-disciplinare. Marco Masseti invita a riflettere sul riequilibrio faunistico che è stato condotto nella Sicilia di età medievale, come anche su altre regioni del Mediterraneo continentale ed insulare durante il periodo di influenza araba ed in quelli immediatamente seguenti. Con conseguenze che hanno avuto un riverbero significativo anche sul coevo mondo culturale normanno di Gran Bretagna e, molto dopo, forse sull’origine della storia universale della protezione della natura.
EVENTO SPECIALE IL 17 CON “LA LUNA, 50 ANNI DOPO” SULLE COLONNE DEL TEMPIO
Osservazione astronomica e proiezioni della luna sulla facciata del tempio sabato 17 agosto in un veneto speciale a cura del Planetario di Palermo, creato in esclusiva solo per il Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019. Il sistema di proiezioni sulla facciata del tempio proporrà, in occasione delle celebrazioni dei 50 anni dello sbarco dell’apollo 11 sulla superficie lunare e i primi passi degli astronauti sul nostro satellite il 20 luglio 1969, il video ufficiale (durata 10 minuti) degli ultimi istanti della discesa sulla superficie della luna e alle ore 22 non appena la luna sorgerà dall’orizzonte, uno dei telescopi con una speciale telecamera proietterà in diretta la superficie del mare della tranquillità luogo dell’atterraggio. Gli operatori inoltre punteranno con gli strumenti i pianeti Giove e Saturno, ancora presenti in cielo.
TERZA NOTTE BIANCA TRA SABATO 17 E DOMENICA 18 AGOSTO
Terza notte bianca in musica nella notte tra sabato 17 e domenica 18 agosto, alle 00.30, con “Un cuore in una barca di carta”: Tamburi, Yousif Latif Jaralla; oud, Said Benmasafer; violoncello, Riccardo Palumbo. Dai villaggi africani fino a Lampedusa, dal Kurdistan iracheno fino al canale di Otranto, il tragitto tortuoso della speranza di tanti uomini e donne che tentano di raggiungere un “paradiso” con un grande e semplice sogno nel cuore: potere rinascere – ricominciare a vivere a riprendersi i propri destini in altrove terrestre, lontano dalle guerre, dalla fame, dalla persecuzione e dalla morte. Non è così facile, non è cosi scontato: ci sono frontiere, ci sono leggi, e c’è il Mediterraneo. Il Mediterraneo, madre di tanti popoli, trasformato in cimitero da quelle leggi disumane in nome della salvaguardia dell’identità nazionale. Nel Mediterraneo si fa una pesca strana: più che pesci si pescano cadaveri. Ahimè, sono i resti di quel sogno grande e semplice. “Il cantastorie iracheno Yousif Latif Jaralla, uno dei pochi cantori stranieri che vivono in Europa, racconta con uno stile narrativo personale: una modalità fatta di ripetizione incalzante di parole e di suoni. Un mosaico sonoro capace di trascinare gli ascoltatori in una dimensione irreale di forte esperienza emotiva”. Con “Il cuore in una barca di carta”, Jaralla ci pone dinanzi ad un mosaico fatto di nomi, di volti e di tante storie che sfiorano l’assurdo. Un mosaico testimonianza della crudeltà e del fallimento di una società moderna il cui benessere e avanzamento tecnologico si contrastano con la sua miseria umana e spirituale. Partendo dalla metafora al reale, “Il cuore in una barca di carta”intreccia tre storie di donne che tentano di attraversare il Mediterraneo. La prima attraversa tutto il deserto africano per salvare la figlia gravemente malata. La seconda si ferma al primo campo alla frontiera libica. Della terza, arrivano solo i suoi indumenti e fotografie.
A seguire, alle 2, sempre sulla collina del tempio, “Giuseppe Milici Quartet plays soundtracks”, con Giuseppe Milici, armonica, Valerio Rizzo, pianoforte, Stefano India, basso e batteria. La musica è il respiro o la voce dell’anima? O forse una meravigliosa architettura di suoni? E cosa diventa nel momento in cui incontra il linguaggio dell’immagine? In materia si sono scatenate le ipotesi più suggestive che però convergono su un assunto: pare non vi sia matrimonio più riuscito (pur conservando le due arti una loro singola e preziosa autonomia). Sono in molti a sostenere che un’immagine nel momento in cui è accostata ad un suono, può produrre un significato diverso da quello che essa produce quando ne è ancora priva, un “valore aggiunto” acquisito attraverso il “vestito su misura” del compositore. Non a caso, ancora nell’epoca del film muto, emerge l’esigenza di un pianista davanti allo schermo, (spalle agli affascinati spettatori) che ha il compito di sottolineare con le note, le scene che passano. In questo concerto, Milici esegue un repertorio di colonne sonore di alcuni tra i più importanti compositori italiani ed americani effettuando cosi una sorta di parallelismo tra le due culture. Oltre a brani quali: Nuovo Cinema Paradiso e Debora’s Theme (E. Morricone), Il Postino (L. Bakalov), The Shadow Of Your Smile (J. Mandel), Midnight Cowboy (J. Barry). Il concerto prevede l’esecuzione di alcune colonne sonore di cui Milici è l’autore.
DOMENICA 18 ALBA ALLA 5 CON SATIRYCON IN PRIMA NAZIONALE
Terza alba nel teatro del Parco archeologico di Segesta con Satirycon di Petronio, regia di Francesco Polizzi, che andrà in scena in prima nazionale domenica 18 agosto alle 5, nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo. Una sequenza di storie, personaggi e parodie che mescola divinità e popolino, straccioni e arricchiti, filosofi, prostitute e raffinati poeti. Attraverso le vicende di Encolpio e Ascilto si dipanano in dieci quadri gli eccessi e le bellezze infernali della Roma imperiale. Seguendo liberamente i frammenti del Satyricon di Petronio la messa in scena gioca con stili e registri differenti, in un pastiche che intreccia melodramma e farsa, l’avanspettacolo all’epos classico, fornendo l’affresco di una civiltà sull’orlo della decadenza, che ricorda da vicino la nostra. La messa in scena è sostenuta da dieci attori-cantanti che si alternano nelle varie parti e dalla musica dal vivo. Regia Francesco Polizzi; con Francesco Polizzi, Andrea Lami, Danila Stalteri, Valerio Leoni, Vincenzo Iantorno, Roberta Anna, Tonino Murtas, Sergio D’innocenzo Iole Viccaro, Luca Masi. Scenografie e costumi Laura Pagliani; musica Franco Accascina.

Comunicato stampa del 09.08.2019

DIONISIACHE 2019: SABATO 10 CONCERTO “E LUCEAN LE STELLE” CON L’ORCHESTRA TOSCANINI DI RIBERA PRESENTI VIOLETTE IMPELLIZZERI E ERIC VILLARD
A SEGUIRE NOTTE BIANCA CON L’OSSERVAZIONE DI STELLE E PIANETI AI TELESCOPI, I CONCERTI DI SPITALERI E BONOMOLO E “STILL LIFE –DREAM MACHINE”
DOMENICA 11 AGOSTO ALBA ALLE 5 CON “UN EDIPO. LA FOSSA DEI PARENTI”, SEMPRE DOMENICA 11 ALLE 19,45 “ULISSE INSIDE” DI E CON SALVO PIPARO
A Segesta terza edizione di “E lucean le stelle”, sabato 10 agosto, alle 20,30, nel teatro del Parco archeologico, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival, musica e astronomia assieme per una notte magica.
Tornano con “Nessun dorma” i solisti e l’orchestra sinfonica “A. Toscanini” di Ribera, direttore Alberto Maniaci, spettacolo già record d’incasso e di presenze nel 2017 e 2018; soprani Stefania Maltese, Jole Pinto; tenore Giuseppe Michelangelo Infantino; Baritono Giuseppe Garra; jazz & rock singers Francesca Bongiovanni, Pasquale Bono, Francesca Bonura, Maria Concetta Maggio, Marcella Nigro, Krizia Vinciguerra; batteria rock e percussioni Sergio Calì; tromba jazz Giacomo Tantillo; musiche di Mascagni, Verdi, Puccini, Gershwin, Ray Charles, Björk, The Doors, Oasis, Genesis, Led Zeppelin, Queen, The Beatles. Arrangiamenti Alberto Maniaci, Rita Collura, Simone Piraino.
Un nuovo spettacolo con la immancabile collaborazione del centro planetario di Palermo, dedicato ai capolavori della lirica, del jazz e del pop rock in una commistione di linguaggi musicali e di saperi dedicati alle Stelle nel magico scenario del Teatro Greco.
Le nuove scoperte scientifiche sui “buchi neri” e i pianeti, intervallati dai capolavori storici della lirica, del jazz e del rock. Racconti scientifici a cura degli astronomi ricercatori di Alma, Violette Impellizzeri ed Eric Villard.
Dalle 22,30 Notte di San Lorenzo “Sotto le stelle cadenti di Segesta” nel Tempio dorico con l’osservazione notturna astronomica ai telescopi di pianeti e stelle a cura del Planetario di Palermo. Si potranno esplorare il cielo stellato i pianeti e le stelle.
A seguire “Calici per le stelle di San Lorenzo”, sulla collina del tempio, iniziativa realizzata in collaborazione tra il Parco archeologico di Segesta, l’Irvo, il comune di Calatafimi Segesta, il Gal Elimos, le cantine Tenute Orestiadi, l’oleificio Barbera, che cureranno una degustazione con brindisi alle stelle insieme con la ricercatrice Violette Impellizzeri, una delle massime figure al mondo per la ricerca in cosmologia e buchi neri. Si avvia così un percorso che vuole consolidare e comunicare il profondo legame che unisce il vino e l’olio siciliani con l’archeologia e la civiltà agricola dei nostri territori.
TRA SABATO 10 E DOMENICA 11 NOTTE BIANCA A SEGESTA: “SOLO IN 2 – DIARIO DI VIAGGIO SULL’AMORE” E A SEGUIRE ALLE 2 “STILL LIFE –DREAM MACHINE”
Notte bianca a Segesta: tra sabato e domenica alle 00,30, sulla Collina del Tempio, “Solo in 2 – Diario di viaggio sull’amore”, Diego Spitaleri al pianoforte, con la voce di Anna Bonomolo. Sempre nella note tra sabato e domenica, alle 2, “Still Life – Dream Machine”: Joao Silva (violino e voce, Portogallo), Margherita Abita (violino, Italia), Claudio Marrero (Sassofono e tastiere, Spagna). “Still Life è un incontro di cammini; una serie di coincidenze della vita; la prova che ogni essere è esattamente dove deve essere”. E’ un progetto di musica originale, di genere pop-fusion, in lingua italiana, inglese e portoghese. Un concerto in cui jazz, word music e pop music si influenzano a vicenda facendo nascere, in tempo reale, canzoni originali, fondendo questi stili con le radici di provenienza dei musicisti. Atmosfere magiche e magnetiche.
DOMENICA 11 AGOSTO ALBA ALLE 5 CON “UN EDIPO. LA FOSSA DEI PARENTI”
Edipo, accompagnato dalla figlia Antigone, ormai cieco e deluso da sé e dalla vita, incontra il figlio di Tiresia. Il ragazzo, lì per lì, non vorrebbe farsi riconoscere: ha avvicinato Edipo per capire perché non si sia fidato dei vaticini del padre. E vuol capire, in ultima analisi, come funziona quel mondo dei padri dal quale si sente escluso; un mondo dove, invece, vede a proprio agio Antigone. Ma sarà il vecchio Edipo a riconoscerlo, malgrado la propria cecità, e dunque a “smascherarlo”. Come se l’esperienza di vita (con il suo accumulo di sconfitte) fosse sufficiente a penetrarne i segreti. E alla fine proprio contro questa pretesa onnipotenza del vecchio Edipo si scaglierà il figlio di Tiresia, accusando il vecchio re decaduto di aver costruito un mondo dal quale la vitalità è esclusa. Seconda alba con “Un Edipo. La fossa dei parenti”, che verrà messo in scena domenica 11 agosto, alle 5, nel teatro del Parco archeologico di Segesta, dal festival di Asti 2019, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo. Testo e regia di Nicola Fano, con: Giuseppe Pambieri, Giuseppe Spezia e Silvia Micunco. Scene e costumi di Teresa Fano. Musiche di Fabia Salvucci. Trasportando in un luogo senza spazio e senza tempo, ma nostro contemporaneo, l’autore usa l’eterno, magnifico grimaldello di Sofocle per entrare nel conflitto d’oggi tra padri e figli – tra vecchi e giovani – ponendosi, però, dalla parte degli sconfitti: ossia dalla parte di una generazione che non riesce a trovare nella propria lotta quotidiana per la sopravvivenza le ragioni e i valori che hanno mosso le generazioni precedenti. Quasi a dar corpo a questo conflitto anche nello stile della rappresentazione, a interpretare questo testo ci sono da un lato un grande attore “di tradizione” e dall’altro due giovani attori neodiplomati, in un ambiente scenografico e sonoro realizzati da altre due giovani artiste. D’altra parte, l’autore e regista in questione, Nicola Fano, riunisce qui la sua duplice veste di storico e docente, cercando di farsi quasi ponte fra le generazioni con una messinscena pensata e realizzata specificamente per un pubblico di giovani.
DOMENICA 11 ALLE 19,45 “ULISSE INSIDE” DI E CON SALVO PIPARO
Sempre nel teatro del Parco archeologico domenica 11, alle 19,45, arriva Salvo Piparo con “Ulisse inside”. Regia Claudia Puglisi, con Costanza Licata, Francesco Cusumano. Scritto da Salvo Piparo.

Salvo Piparo
C’è un Ulisse che cavalcando entra a Troia, ed uno che va per mare. Uno che torna ad Itaca, ed uno che resta per sempre con Calipso. Un Ulisse si è perduto fra le braccia di Circe, ed uno è morto per le strade di Ilio. C’è l’Odissea di un uomo, fra le viscere di una città che è insieme Itaca e Troia. Una città violenta, marchiata con il sangue dei suoi soldati, sotto assedio da troppo tempo ormai. Un variopinto acquario in cui il pesce più grande divora quello più piccolo.

Salvo Piparo
È Palermo, ed è il 1978. E poi ci sono gli anni ’80 e la città sembra davvero essere in guerra. Bene e male combattono ogni giorno. Gli eroi sono da ambo le parti perché figli, fratelli, padri, della stessa città. Nascono a pochi passi gli uni dagli altri, e giocano insieme prima di diventare assassini o uomini di scorta. È questo che rende sottile il confine fra ciò che è bene e ciò che è male qui, ad ovest del Mar Egeo. Se la differenza fra buoni e cattivi diventa grottesca, i personaggi che la abitano devono farsi mitici per riuscire a contenere in sé un contrasto così forte. “Ulisse Inside” è una sorta di diario di bordo che parte dall’idea che tutti abbiamo un eroe “addummisciutu inside”.

Salvo Piparo
Questa volta il viaggio dell’eroe si compie fra sirene ammalianti che promettono soldi facili, e una donna dal seno rigoglioso che ammalia gli uomini e li rende simili a porci, mentre la Sicilia come Penelope cuce di giorno e scuce di notte, trame ancora segrete. E infine gli dei che stabiliscono le sorti degli uomini, che hanno giocato la loro partita a Palermo, hanno fatto scacco al re con la mossa del cavallo di Troia. Era il 23 maggio 1992. Un eroe ha combattuto ed è morto. Un eroe si sveglia e chiede a tutti di aprire gli occhi. In scena il canto di Costanza Licata e il polistrumentista Francesco Cusumano.

Comunicato stampa del 04.08.2019

  • DIONISIACHE 2019: NEL TEATRO DEL PARCO ARCHEOLOGICO DI SEGESTA PRIMA NAZIONALE MARTEDI’ 6 AGOSTO “DYSKOLOS” DI MENANDRO (REPLICHE 7 E 8)
    VENERDI’ 9 AGOSTO ARRIVA LA TRAGICA STORIA DEL DOTTOR FAUST SULLA COLLINA DEL TEMPIO DEL PARCO DI SEGESTA
    VENERDI’ 9 AGOSTO ALLE 21.30 “ARCHEOLOGIA DELL’IMMAGINARIO” CONVERSAZIONE CON MASSIMO CULTRARO
    ALLE 22.30 PER LE NOTTI IN MUSICA “THE STRING QUARTET”
    La scena appare vuota. Avanzano cinque attori, in abito scuro. Il capocomico rassicura gli spettatori circa il fatto che presto avrà luogo la commedia, ma non prima di aver spiegato loro la trama con l’ausilio degli altri quattro che, frattanto, si adoperano maldestramente a renderla comprensibile. Appena finito il prologo, la scena si anima e si colora, tutti gli attori scompaiono per lasciare entrare i personaggi, cioè le maschere; maschere dello spettacolo realizzate sulle originali ritrovate a Lipari. Lo spettacolo allora prende il ritmo della commedia, interrotta soltanto da brevi incursioni degli invitati alle nozze che, ubriachi, compongono e scompongono la scena con coreografie e canti. Prima nazionale per “Diskolos” di Menandro, impianto scenico e regia di Cinzia Maccagnano, che verrà messo in scena martedì 6 agosto, alle 19,45 (repliche mercoledì 7 e giovedì 8), nel teatro del Parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo.
    In scena: Raffaele Gangale, Dario Garofalo, Cinzia Maccagnano, Luna Marongiu, Cristina Putignano. Musiche: Germano Mazzocchetti composte per Dyskolos prodotto dall’I.N.D.A. nel 1995 per la regia di Egisto Marcucci; costumi di Monica Mancini; maschere di Giancarlo Santanelli e Luna Marongiu.
    Si tratta di una storia semplice: Sostrato, un ricco giovane di buona famiglia, si innamora di una semplice e bella ragazza di campagna, figlia di un vecchio e bisbetico contadino, Cnemone, con il quale abita. La moglie di lui, infatti, esasperata e stanca, si è trasferita dal figlio di primo letto, il serio e laborioso Gorgia. Sostrato si conquista l’amicizia di Gorgia e si offre di lavorare nei campi per conoscere meglio il burbero padre della ragazza di cui è innamorato. Intanto la madre di Sostrato, il servo Geta e il cuoco Sicone allestiscono un sacrificio presso il tempio di Pan, che si trova proprio accanto alla casa di Cnemone; la confusione che ne scaturisce accende l’ira del vecchio misantropo che si rifiuta di prestare la pentola di cui c’è bisogno per l’offerta votiva. Ma la sorte vuole che, nel tentativo di recuperare da un pozzo un secchio sfuggito alla sua serva, Cnemone vi precipiti dentro. Sostrato e Gorgia corrono a salvarlo. Cnemone, dopo il pericolo che ha corso, si mostra più ragionevole e concede la mano della figlia a Sostrato. Nell’entusiasmo del momento Sostrato ottiene dal padre Callippide che la sorella sia concessa in sposa all’amico Gorgia. La commedia si conclude con una doppia festa di nozze a cui tutti i servi trascinano il riluttante Cnemone, oramai arreso all’inevitabile condivisione.
    Il Dyskolos rappresenta la forma più compiuta di quella che è stata definita “commedia nuova”: a differenza di ciò che avveniva nella commedia antica, Menandro non imposta l’intreccio su fatti sociali o politici, ma ambienta l’azione in una dimensione, per così dire, “borghese“, seppure il protagonista sia un contadino. Esaurita ormai la critica politica che fu del teatro aristofaneo, Menandro concentra la sua attenzione su temi e rapporti che lasciano ampio spazio alla riflessione, alla morale, potremmo dire, stoica, di chi accetta la propria condizione umana con un briciolo di consapevolezza in più. Protagonista è l’uomo, con i suoi piccoli drammi quotidiani, le sue intolleranze, la sua sfiducia nel prossimo, le sue paure che lo portano a chiudersi nel proprio recinto. Ma sorprendente è la modernità di Menandro che affida ai due giovani della storia, il ricco innamorato Sostrato e il povero e dignitoso Gorgia, un atteggiamento rivoluzionario: la vitalità che scaturisce dall’amore e dalla fiducia nel prossimo, vincerà la misantropia e consentirà il superamento della diversa condizione sociale dando vita ad una nuova comunità.
    Il Dyskolos è fortemente legato alla ‘memoria’ della Compagnia, essendo stato spettacolo d’esordio, nel lontano 1995, di quegli allievi attori della Scuola Giusto Monaco dell’Inda di Siracusa, che poi avrebbero creato la Bottega del Pane. Di quel memorabile spettacolo, che portava la firma di Egisto Marcucci, Aurelio Gatti aveva curato un coro ad hoc per un gruppo di giovani attori e Germano Mazzocchetti aveva composto intramontabili musiche. Protagonisti ne erano Marcello Bartoli, Armando Bandini, Sebastiano Tringali, Dario Cantarelli, Donatello Falchi. Il debutto fu a Segesta. Un esempio di Teatro a cui si è ispirato il gruppo che nel 1996 fondò la Compagnia.
    VENERDI’ 9 AGOSTO ARRIVA LA TRAGICA STORIA DEL DOTTOR FAUST
    Un uomo colto, versato in molti campi del sapere umano, stanco del limite che avverte in se stesso e nella cultura contemporanea, desideroso di ottenere piaceri, conoscenza e potere, invoca il demonio e baratta la sua anima in cambio di ventiquattro anni durante i quali ogni suo desiderio sarà soddisfatto. È il mito del Dottor Faust, narrato da Christopher Marlowe, uno dei più longevi e fecondi della cultura occidentale.
    Lo spettacolo verrà messo in scena venerdì 9 agosto, alle 19,45, nel teatro del Parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo. La regia è di Carlo Emilio Lerici; con: Edoardo Siravo, Antonio Salines. E con: Francesca Bianco, Fabrizio Bordignon, Gabriella Casali, Giuseppe Cattani, Germano Rubbi, Roberto Tesconi, Anna Paola Vellaccio. Musiche di Francesco Verdinelli. Costumi: Annalisa Di Piero
    Questa nuova versione teatrale vede protagonisti, nei panni di Faust e Mefistofele, due grandi della scena italiana: Edoardo Siravo ed Antonio Salines reduci dal grandissimo successo ottenuto con lo spettacolo Aspettando Godot. Proprio grazie a questo spettacolo Salines ha appena ricevuto la nomination come miglior attore al prestigioso premio Le Maschere del Teatro. Accanto a loro altri 7 attori, tutti affermati professionisti, andranno a comporre un cast di grande livello alternandosi nei numerosissimi ruoli previsti dal testo. La messinscena, curata da Carlo Emilio Lerici, è caratterizzata da un linguaggio espressivo moderno ed essenziale, che vuole assecondare i grandi momenti tragici del testo, senza trascurare le parti più dichiaratamente brillanti. Così come saranno assecondate le sollecitazioni fantastiche suggerite dall’incredibile serie di apparizioni “magiche” che accompagnano le vicissitudini del protagonista. Questo impianto registico, grazie alle musiche originali di chiara matrice rock composte appositamente dal maestro Francesco Verdinelli e alle creazioni astratte della costumista Annalisa Di Piero, punta a trasformare il dramma di Marlowe in moderna dark-opera. Inoltre, ma non in ultimo, con questo spettacolo si vuole rendere omaggio al grande Rodolfo Wilcock, nel centenario della nascita, utilizzando la sua celebre traduzione in versi.
    Il Faust di Marlowe. Marlowe scrisse il Dottor Faust intorno agli anni 1588-89 e lo pubblicò nel 1604. Quest’opera teatrale si inserisce nella prima fase del teatro elisabettiano e come tutte le opere teatrali di Marlowe (ne scrisse sette) è innovativa: il coro, di chiara ascendenza senechiana, che apre la tragedia, annuncia il contenuto dell’opera, mettendo subito in evidenza qual è la novità rispetto alle tragedie precedenti. Protagonista non è più il principe medievale o il re, ma è l’intellettuale, il rappresentante della nuova realtà storica, che non si fa portavoce di un messaggio, non afferma alcuna verità assoluta, ma presenta in sé il conflitto tipico dell’epoca tra la sfera teologica e umanistica. Faust è un intellettuale che vuole raggiungere il potere (non sappiamo, però, quali siano le motivazioni che lo spingono verso tale direzione) e si rende conto che filosofia, medicina, legge e teologia non sono sufficienti a fargli raggiungere tale meta; dopo aver imparato i trucchi della magia nera, invoca il diavolo, col quale fa un patto: gli vende la propria anima in cambio del potere (un potere che non avrà mai). Mefistofele, servo di Lucifero, fa da intermediario tra Faust e il signore degli inferi; questo servo fedele, al quale Faust dà anche lezione di coraggio, ad un certo punto della tragedia, nel primo dialogo col protagonista, arriva a parlare in termini umani, quando asserisce di aver visto il Signore e il suo regno e la consapevolezza di non poter vedere mai più quel mondo, provoca in lui angoscia e atterrimento. Marlowe non esprime un giudizio sul modo di agire di Faust, mira piuttosto a mettere in luce la lotta interna al protagonista; quest’ultimo spesso, nei monologhi, parla in seconda persona, come se si fosse sdoppiato o come se fosse un semplice spettatore, ed è proprio in questi frangenti, che possiamo percepire il dramma e la sofferenza di quest’uomo, nella cui anima bene e male si scontrano di continuo. Il personaggio disegnato da Marlowe appare crudele e buono, innocente e colpevole, un uomo dalle mille sfaccettature, servo del demonio, che a volte, si rende conto dello sbaglio commesso, vorrebbe tornare e potrebbe tornare a Dio, pentendosi, ma non lo fa: questo è il grande peccato che lo porterà alla dannazione eterna. Il Dottor Faust è indubbiamente una tragedia tra le più belle che siano mai state scritte e che, a distanza di poco più di quattrocento anni, colpisce per la sua straordinaria forza e originalità; un’opera che non ha mancato di influenzare grandi scrittori a partire da Shakespeare fino a Goethe e della quale molti si sono occupati, tra i tanti G. Carducci, T. S. Eliot e J. Grotowski.
    SULLA COLLINA DEL TEMPIO DEL PARCO DI SEGESTA VENERDI’ 9 AGOSTO ALLE 21.30 “ARCHEOLOGIA DELL’IMMAGINARIO” CONVERSAZIONE CON MASSIMO CULTRARO ALLE 22.30 PER LE NOTTI IN MUSICA “THE STRING QUARTET”
    Sempre nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, nel Parco archeologico di Segesta, sulla Collina del Tempio, venerdì 9 agosto, alle 21,30 “Archeologia dell’immaginario”, da Schliemann ad Indiana Jones. Conversazione con Massimo Cultraro, introduce Rossella Giglio.
    A seguire, alle 22.30, sempre sulla Collina del Tempio, per le Notti in Musica “The String Reed”: Rita Collura, sax alto e soprano, Gaspare Palazzolo, sax e tenore, Fulvio Buccafusco, contrabbasso, Fabrizio Giambanco, batteria.
    Info e ticket

Comunicato stampa del 03.08.2019

  • NEL PARCO ARCHEOLOGICO DI SEGESTA LA PRIMA NOTTE BIANCA E LA PRIMA ALBA CON DEBORA CAPRIOGLIO CHE INTERPRETA DOMENICA 4 IL PIACERE DI D’ANNUNZIO
    Prima notte bianca nel Parco archeologico di Segesta e prima ”alba” domenica 4 agosto per festeggiare i vent’anni di “albe”, nate proprio a Segesta nel 1999.
    Debora Caprioglio è Elena Muti ne “Il Piacere” di Gabriele D’Annunzio. Lo spettacolo, che andrà in scena domenica 4 agosto, alle 5 del mattino, con la regia e versione teatrale di Fausto Costantini, sarà la prima delle quattro “albe” nel teatro del Parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta Fetival Dionisiache 2019, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo. Musiche di Davide Cavuti, Costumi e grafica: Rocre, Suggestioni di luci e ombre dal vivo Silviombre (Spettacolo consigliato ai maggiori di 18 anni).
    Il Piacere, pubblicato a Milano nel 1889, racconta le vicende di Andrea Sperelli, discendente da nobile famiglia, esteta raffinato e colto, tutto proteso a fare la propria vita come si fa un’opera d’arte. Il romanzo diviso in quattro parti, si apre con l’incontro fatale tra Andrea ed Elena Muti. Andrea ed Elena hanno una breve ma intensa storia d’amore, evidenziando come i due siano molto simili, al punto di affermare che Elena è il doppio femminile di Andrea. Entrambi hanno caratteri molto simili. Andrea, egoista, spietato, cinico e approfittatore. Elena non è da meno perché illude il protagonista mostrandosi dolce, gentile e passionale, quando in realtà lo disprezza ed evita. Al momento opportuno lo allontana e non vuole più vederlo, come se fosse una sorta di divertimento nel farlo prima innamorare e poi lasciarlo con disdegno. Tutto questo faceva anche Andrea prima di incontrare Elena: una storia dopo l’altra per puro gioco, senza preoccuparsi dei sentimenti altrui. Tutti e due hanno lo stesso gusto per il lusso, la ricercatezza, la rarità e la raffinatezza con forte interesse per arte e cultura. Andrea ama se stesso credendo di essere uomo particolare al di sopra della gente comune, alla ricerca di una donna che abbia la sua stessa ideologia.
    Lo Spettacolo: È visto dagli occhi di Elena che rivive il rapporto con Andrea tra poesia e storia. Nell’attesa dopo anni dell’ennesimo incontro di passione, con descrizione di ambienti ed atmosfere minuziose come solo D’Annunzio riesce a fare, Elena si erge a figura di donna emancipata e seduttrice, priva di religiosità e pudore. Cosi come nella società odierna diviene sempre più coltivato l’erotismo unitamente all’arte della seduzione, Elena ritiene questa la via più semplice per ottenere ciò che si vuole. La sua capacità inebriante e carnale la rende unica artefice della perdizione dell’uomo, Andrea Sperelli. Nel nostro testo abbiamo inserito “La Passeggiata” di D’Annunzio, come elevazione poetica della donna in mezzo a tanta prosa. I versi collocati in punti strategici della riscrittura, rappresentano un’accelerazione continua di emozioni per lo spettatore ed energie nuove per la protagonista.
    La messa in scena: La lettura è ambientata sul luogo dove una volta si è consumato il rapporto sfrenato tra i due. Il piacere come ricordo metafora, nel tempo passato ha spento le emozioni del rapporto antico, trasformandosi in attesa e gioia continuamente soffocata dal nascente rancore prima dell’addio definitivo. Sulla scena un enorme lenzuolo bianco copre ogni cosa (compreso il mobilio del passato). Una sorta di doppio sogno raccontato ora dagli occhi di lei, ora dagli occhi di lui. Debora Caprioglio è la graffiante interprete dello spettacolo tra espressioni e memoria, mostrandosi complice vera della Elena romanzata. Di tutte le mescolanze carnali questa è la più completa, tanto appagante, da rendere la versione scritta il naturale completamento nella figura dell’attrice. Fausto Costantini è un Andrea Sperelli piegato e invecchiato dal tempo mentre Silvio Gioia e le sue suggestioni di ombre ne è la memoria giovanile. Le musiche del maestro Davide Cavuti scandiscono i ritmi e l’atmosfera della messa in scena. L’idea scenica di Ludovica Costantini.
    ECUBA DI EURIPIDE NEL TEATRO DEL PARCO DI SEGESTA DOMENICA 4 E LUNEDI’ 5
    Una straordinaria interprete nei panni della regina di Troia, Francesca Benedetti è Ecuba e incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine. Lo spettacolo andrà in scena domenica 4 e lunedì 5 agosto, alle 19,45, nel teatro del Parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019.
    Troia è caduta e in quel lembo di terra che separa il Chersoneso dalle macerie della città, le donne di Ilio attendono la sorte riservata ai vinti. Nella terra di Tracia i Greci aspettano venti propizi alla navigazione, che potrà essere ripresa solo dopo il sacrificio di Polissena, superstite principessa troiana. La vittima immolata dagli Achei costituirà l’estremo onore riservato ad Achille e favorirà il viaggio di ritorno. Ecuba, la regina di Troia, dovrà subire questa decisione, frutto dell’orrore del conflitto. La moglie di Priamo dovrà assistere a quest’ennesimo scempio in terra di Tracia, dove il più giovane dei suoi figli, Polidoro, è stato ucciso dal re Polimestore, al quale il ragazzo era stato affidato con un’ingente quantità d’oro nel tentativo di salvarlo. Questi i presupposti dell’azione drammatica che alimentano il dolore e i propositi di vendetta di Ecuba.
    Protagonisti della tragedia sono i vinti: le donne troiane, testimoni di un eccidio etnico e culturale, simboleggiano la parte più vulnerabile della società, colpita senza pietà dalla guerra e da ogni forma di conflitto. Troia, infatti, potrebbe essere oggi qualsiasi città del Medio Oriente, devastata dalle orde barbariche del terrorismo islamico. L’analogia con la modernità è fin troppo evidente. La tragedia racconta da sempre l’olocausto dei popoli e l’insensatezza della violenza che diventa il principio disgregante dell’universo. La protagonista di Euripide incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine: Ecuba rappresenta il dolore assoluto, senza alcuna catarsi. In questo scenario bellico, lo spettro della guerra si svuota di ogni significato ideologico e declina la violenza in tutte le sue oscene varianti che si propagano come una malattia senza cura, dai vincitori ai vinti; vittime e carnefici vengono così accomunati dalla sopraffazione. Ecuba, custode della memoria della stirpe troiana, annientata dai Greci, non lascerà scampo al traditore Polimestore, infliggendogli un castigo tremendo. Una madre senza patria e senza figli mette in scena un dolore trasfigurante, irripetibile a qualsiasi latitudine scenica, come ci ricorda Amleto citando la complessità dell’arte teatrale, a proposito dell’irrappresentabile dolore dell’eroina euripidea. Protagonista di quest’impresa è Francesca Benedetti, un’attrice multiforme ed emotivamente intelligente nel cogliere le peripezie dell’animo umano. Lo spettacolo ha un cast d’eccezione, con attori tra i più significativi della scena italiana. Viola Graziosi incarna Polissena, votata a un martirio consapevole ed eroico, Graziano Piazza è Taltibio, un messaggero dolente e composto, Ulisse, interpretato da Maurizio Palladino, si fa portatore dell’idea di una superiorità etnica, Agamennone, affidato a Sergio Basile, è un politico raffinato e destinato alla solitudine, Polimestore, uomo avido e senza scrupoli al limite del grottesco, viene impersonato da Gian Luigi Fogacci, Maria Cristina Fioretti ed Elisabetta Arosio completano il cast, raccontando con accenti lirici le donne troiane, vittime di guerra. In un momento di assenza di pace in cui i teatri di guerra sono molteplici, raccontare gli orrori della violenza è un dovere etico che valica l’aspetto estetico e ritrova le sue ragioni più profonde nel dibattito democratico, che solo il linguaggio scenico sa rendere evidente, nella sua necessità. La drammaturgia di Euripide raffigura l’ineluttabilità della storia umana e l’indifferenza degli dei, spettatori attoniti e crudeli di fronte allo stupefacente spettacolo del mondo.
    La regia è di Giuseppe Argirò, con Francesca Benedetti, Graziano Piazza, Viola Graziosi, Sergio Basile, Maurizio Palladino, Elisabetta Arosio, Gianluca Fogacci, Maria Cristina Fioretti.
    NOTTI IN MUSICA, SULLA COLLINA DEL TEMPIO DEL PARCO DI SEGESTA
    DOMENICA 4 ALLE 00,30 MIMMO CAFIERO OPEN BAND
    Sempre nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, per le Notti in musica nel Parco archeologico di Segesta, sulla Collina del Tempio, domenica 4 agosto, alle 00,30 Mimmo Cafiero Open Band. Mimmo Cafiero da parecchi anni arrangia e compone, e dedica i suoi progetti alla Sicilia, parlando di amore e sacrificio tra il tenero e l’amaro. La musica contenuta nei suoi CD “Triangles” (1996), “Plays Sicilian Songs” (2001), e “Vitti ‘na Strada” (2008) è così: si sente la passione inesauribile, vertiginosa e pregnante per la vita e la musica e c’è lo sforzo di cambiare le cose, magari solo grazie ad una canzone. La particolarità della sua musica è incentrata sulla esposizione di semplici melodie attraverso giochi ritmici e poliritmici dai quali scaturiscono atmosfere sempre accattivanti, che offrono agli ascoltatori momenti costantemente imprevedibili, ricchi di mediterraneità, alla ricerca di nuovi linguaggi, nel rispetto comunque delle tradizioni. Nicola Caminiti al sax, Giuseppe Mirabella alla chitarra, Stefano India al basso, Mimmo Cafiero alla batteria e Sam Mortellaro al piano.
    A CALATAFIMI SEGESTA DOMENICA 4 AGOSTO ALLE 21,30 “PICCIRIDDA STIDDA”
    Ispirato alla storia della bambina palermitana morta nel 1920, Rosalia, l’ospite più illustre della cripta dei Cappuccini, a Palermo, per il misterioso e stupefacente lavoro di imbalsamazione che l’ha mantenuta intatta e rosea come una piccola dormiente, il monologo immagina che l’anima della bambina, intrappolata nel corpo dal processo chimico d’imbalsamazione, cerchi di fuggire, interpellando chi la guarda ma non può vederla, ripercorrendo la propria storia, cercando ancora i genitori, tra cantilene infantili e grida disperate, prigioniera innocente che intenerisce e sgomenta.
    “Picciridda stidda”, nell’ambito del “Calatafimi Segesta Festival Dioniasiache 2019” andrà in scena domenica 4 agosto alla Circiara di Calatafimi, alle ore 21.30, con la regia di Francesco Randazzo. Protagonista Sebastiana Eriu, costumi Dora Argento, opera pittorica Angela Gallaro, assistente alla regia Giusy Andolina, luci Domenico Di Stefano.
    L’occasione del mio incontro con lei – spiega il regista Francesco Randazzo – è stato propiziato dalla proposta di Giusi Cataldo, ideatrice e organizzatrice della “Notte di zucchero”, a Palermo, un grande evento per le festività dei defunti, che ha coinvolto molti artisti e moltissimo pubblico, per una grande festa che recupera e ravviva le tradizioni siciliane, in contrapposizione alla festa di importazione americana di Halloween. Una sezione era dedicata al teatro e Giusi mi ha chiesto se volevo partecipare scrivendo un testo. Così, ho iniziato a pensare ai Cappuccini, al culto dei morti, a tutto quello che prima ho qui raccontato. Di Rosalia, sapevo, l’avevo vista in foto e in un bel documentario del National Geographic. Quando poi si è realizzata la coincidenza che l’attrice disponibile per un mio testo era Sebastiana Eriu, brava attrice palermitana, minuta, piccolina come una siciliana antica – prosegue – la decisione di scrivere un testo ispirato alla mummia picciridda, è quasi venuta da sé. La morte di una creatura bambina, colpisce e turba, più che quella di un adulto, ovviamente. Ma la morte di Rosalia è ancora più straziante, perché è l’unica mummia di tutta la cripta dei Cappuccini di Palermo e, credo, del mondo, che non ha l’aspetto, né l’inevitabile avvizzimento della morte. In mezzo a cadaveri disseccati, bocche spalancate o serrate di denti digrignanti, mani scheletriche, volti eternamente fissati in espressioni terrificanti – aggiunge Randazzo – lei sembra una bimba che si sia perduta in mezzo all’orrore e alla desolazione della morte, e per fuggire alla troppa paura, all’eccesso della scarnificazione intorno a lei, si sia addormentata, nell’attesa che qualcuno venga a riprenderla”.
    “Il processo chimico di mummificazione del geniale tassidermista, rimasto misterioso, per tantissimo tempo, l’ha resa visivamente sospesa tra la realtà della vita e quella della morte. È per me – sottolinea il regista – inevitabile pensare ai genitori, allo strazio per la morte della loro bambina e l’altrettanto straziante fissità del suo corpicino, intatto, roseo, innocentemente assopito e per sempre visibile, un conforto certo, ma sicuramente, nello scorrere del tempo e della vita, un rinnovare per sempre il dolore, sempre presente nella grazia del loro poterla rivedere sempre per come era, e sempre soffrire della sua morte, senza la possibilità che ad ognuno è dato, di piangere ed elaborare il lutto dei propri cari, grazie anche alla loro fisica assenza, che ce li allontana crudelmente è vero, ma ci da anche modo di custodirli nel cuore, leniti tra le nuvole dei ricordi. Rosalia invece no, da quasi cento anni, è là, come la bella addormentata. I suoi genitori non ci sono più, lei è ancora là”. “Questo, a pensarci bene – racconta Francesco Randazzo – fa scorrere un brivido di compassione, oltre che per la morte, per l’ostensione dell’innocenza di quel tenerissimo cadaverino. Voglio dire che la grazia della perfetta conservazione, in assenza della vita, del tempo, degli affetti, mi suscita una tristezza, come se le si aggravi l’anima e la imprigioni. Ho rivisto me, bambino, di fronte alla morte e immaginato lei là, bloccata, circondata da tutti gli altri morti. Io ero vivo e potei fuggire, lei no. Da questo misterioso incontro, tra ricordi e paure riesumate – prosegue sempre il regista – ho cominciato a vederla, sentirla parlare, cantare, scriverla. Naturalmente questa è la Rosalia che vedo io, le sensazioni che mi suscita, la commozione e lo sgomento che si trasfigurano in qualcos’altro, in qualcun altro, che è ispirato da lei, ma non è più soltanto lei. Diviene in me e nel mio testo, simbolo poetico e drammatico, metafora della sofferenza e dell’innocenza. Tutto è frutto d’immaginazione, la mia, che va creando un’altra storia, un’altra Rosalia. Anima bambina che racchiude tutte le creature che soffrono e muoiono troppo presto. Nella finzione poetica questo è possibile, sublimare, immaginare, rendere verosimile l’impossibile, attraverso piccole bugie della fantasia, fabbricare castelli d’invenzione, abitati dalle emozioni, dei personaggi e nostri. Avrei potuto cambiare il nome alla bambina – spiega sempre Randazzo – ma Rosalia è nome talmente simbolico ed emblematico, non solo per Palermo, ma per tutta la Sicilia, è un nome talmente bello, e lieve, profumato di purezza, che ho voluto mantenerlo. Nessun altro nome, né cognome, nient’altro che una bambina, che ho immaginato, a causa di troppo amore, che ha sfidato le leggi del tempo, imprigionata tra i due mondi, metafora delle nostre innocenze infantili, imprigionate nel tempo che le ha sbiadite o cancellate, e che infine torneranno, per volare in alto, chissà dove, chissà quando. La piccola che riposa nella vera cripta, dorme serenamente il sonno della morte, la sua anima è libera, in pace”, conclude il regista.
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